Il trasferimento di azienda
16 settembre, 2019

Il trasferimento di azienda


7. La procedura di informazione e consultazione sindacale

8. La continuazione dei rapporti di lavoro



7.  La procedura di informazione e consultazione sindacale

La Legge 428/90 ha introdotto, all’art. 47, comma 1 e 2, in caso di trasferimento d’azienda, l’obbligo per il cedente ed il cessionario di fornire alle organizzazioni sindacali determinate informazioni, procedendo poi, ove le medesime ne facciano richiesta, ad un esame congiunto.

Tale obbligo sussiste ove il trasferimento abbia ad oggetto una azienda in cui sono occupati più di 15 dipendenti (anche in ipotesi di trasferimento di ramo d’azienda).

La comunicazione deve essere effettuata almeno venticinque giorni prima dell’atto da cui deriva il trasferimento o che sia raggiunta una intesa vincolante tra le parti.

In ipotesi di scissione o di fusione societaria l’informazione sindacale deve avvenire dopo la delibera assembleare di fusione, ex art. 2502 c.c., ma, in ogni caso, almeno venticinque giorni prima dell’atto di fusione ex art. 2503 c.c..

La comunicazione deve essere effettuata dal cedente e dal cessionario, congiuntamente o separatamente.

I destinatari sono le r.s.u. o le r.s.a. delle unità produttive “interessate”, nonché i sindacati di categoria che hanno stipulato il contratto collettivo applicato.

In mancanza delle r.s.a. o delle r.s.u. la comunicazione deve essere destinata ai sindacati di categoria comparativamente più rappresentativi.

Le materie sulle quali deve essere resa l’informazione sono espressamente individuate dalla legge:

a) la data o la data proposta del trasferimento;

b) i motivi del programmato trasferimento d’azienda;

c) le sue conseguenze giuridiche, economiche e sociali per i lavoratori;

d) le eventuali misure previste nei confronti di questi ultimi.

La violazione dell’obbligo di informazione e consultazione costituisce, per legge, condotta antisindacale ex art. 28 Statuto Lav..

Per quanto concerne la rimozione degli effetti, conseguenti all’antisindacalità della condotta, è sorto un vivace dibattito in dottrina e giurisprudenza, cui è stata data risposta definitiva dalla Corte di Cassazione, la quale ha statuito che l’applicazione dell’art. 28 Statuto Lav. non può incidere sulla validità del negozio traslativo, in quanto l’osservanza di procedure sindacali non si può configurare come un presupposto di legittimità del negozio di trasferimento (Cass. Sez. Lav. n. 23 del 2000).

                                                              §

8.              La continuazione dei rapporti di lavoro

Come si è sopra accennato uno dei due effetti di maggior rilievo dell’applicazione dell’art. 2112 c.c. è la continuazione del rapporto di lavoro con il cessionario.

La norma, al comma 4, stabilisce che, ferma rimanendo la facoltà del cedente di recedere dal rapporto di lavoro “ai sensi della normativa vigente, il trasferimento d’azienda non costituisce di per sé motivo di licenziamento”.

Ciò significa che la giustificazione del licenziamento non potrà mai essere il trasferimento dell’azienda, ma dovrà fondarsi su altre cause.

Poiché sovente accade che le esigenze occupazionali del cessionario siano ridotte rispetto a quelle del cedente, nella prassi si usa:

- aprire, contestualmente alla comunicazione ex art. 47 L. 428/90, una procedura di licenziamento collettivo ex L. 223/91, indicando i motivi economici, tecnici e d’organizzazione della eccedenza di personale (con l’avvertenza che le ragioni del licenziamento collettivo non potranno esser rinvenute in eventi collegati alla cessione);

-  addivenire poi, in sede di consultazioni sindacali, a degli accordi individuali plurimi, in sede protetta ex art. 411 c.p.c., sottoscritti da tutti i lavoratori interessati, con l’assistenza del Sindacato, attraverso i quali si definiscono, in ragione delle esigenze tecniche organizzativa, le sorti e le condizioni dei dipendenti che “passano” alle dipendenze del cessionario e di quelli che “non passano” e che costituiscono oggetto dei licenziamenti collettivi (con relativa rinuncia all’impugnazione del licenziamento, a fronte, di norma, di un incentivo all’esodo).

In ogni caso, va detto che, in conformità alla direttiva comunitaria (art. 4 Direttiva n. 50 del 1998), il cessionario potrà sempre procedere a licenziamenti collettivi per riduzione di personale (L. 223/91) in relazione alle proprie esigenze di carattere economico, tecnico e di organizzazione dell’azienda acquisita.

Infine, pare utile ricordare che, per costante giurisprudenza, in caso di licenziamento intimato dal cedente, ove poi dichiarato illegittimo, l’ordine di reintegrazione avrà effetto nei confronti del cessionario (Cass. Sez. Lav. n. 4182 del 1984), donde l’opportunità di inserire nel contratto clausole di salvaguardia o manleva.

 


Paolo Ferraresi