
Il trasferimento di azienda
7. La procedura di informazione e consultazione sindacale
8. La continuazione dei rapporti di lavoro
7. La procedura di informazione e consultazione
sindacale
La Legge 428/90 ha introdotto, all’art. 47, comma 1 e 2, in caso di
trasferimento d’azienda, l’obbligo per il cedente ed il cessionario di fornire
alle organizzazioni sindacali determinate informazioni, procedendo poi, ove le
medesime ne facciano richiesta, ad un esame congiunto.
Tale obbligo sussiste ove il trasferimento abbia ad oggetto una azienda
in cui sono occupati più di 15 dipendenti (anche in ipotesi di
trasferimento di ramo d’azienda).
La comunicazione deve essere effettuata almeno venticinque giorni
prima dell’atto da cui deriva il trasferimento o che sia raggiunta una
intesa vincolante tra le parti.
In ipotesi di scissione o di fusione societaria l’informazione sindacale
deve avvenire dopo la delibera assembleare di fusione, ex art. 2502 c.c., ma,
in ogni caso, almeno venticinque giorni prima dell’atto di fusione ex art. 2503
c.c..
La comunicazione deve essere effettuata dal cedente e dal cessionario,
congiuntamente o separatamente.
I destinatari sono le r.s.u. o le r.s.a. delle unità produttive
“interessate”, nonché i sindacati di categoria che hanno stipulato il contratto
collettivo applicato.
In mancanza delle r.s.a. o delle r.s.u. la comunicazione deve essere
destinata ai sindacati di categoria comparativamente più rappresentativi.
Le materie sulle quali deve essere resa l’informazione sono
espressamente individuate dalla legge:
a) la data o la data proposta del
trasferimento;
b) i motivi del programmato trasferimento
d’azienda;
c) le sue conseguenze giuridiche,
economiche e sociali per i lavoratori;
d) le eventuali misure previste nei
confronti di questi ultimi.
La violazione dell’obbligo di informazione e consultazione costituisce,
per legge, condotta antisindacale ex art. 28 Statuto Lav..
Per quanto concerne la rimozione degli effetti, conseguenti all’antisindacalità
della condotta, è sorto un vivace dibattito in dottrina e giurisprudenza, cui è
stata data risposta definitiva dalla Corte di Cassazione, la quale ha statuito
che l’applicazione dell’art. 28 Statuto Lav. non può incidere sulla validità
del negozio traslativo, in quanto l’osservanza di procedure sindacali non si
può configurare come un presupposto di legittimità del negozio di trasferimento
(Cass. Sez. Lav. n. 23 del 2000).
§
8.
La continuazione dei rapporti di
lavoro
Come si è sopra accennato uno dei due effetti di maggior rilievo
dell’applicazione dell’art. 2112 c.c. è la continuazione del rapporto di lavoro
con il cessionario.
La norma, al comma 4, stabilisce che, ferma rimanendo la facoltà del
cedente di recedere dal rapporto di lavoro “ai sensi della normativa vigente,
il trasferimento d’azienda non costituisce di per sé motivo di licenziamento”.
Ciò significa che la giustificazione del licenziamento non potrà mai
essere il trasferimento dell’azienda, ma dovrà fondarsi su altre cause.
Poiché sovente accade che le esigenze occupazionali del cessionario
siano ridotte rispetto a quelle del cedente, nella prassi si usa:
- aprire, contestualmente alla
comunicazione ex art. 47 L. 428/90, una procedura di licenziamento collettivo
ex L. 223/91, indicando i motivi economici, tecnici e d’organizzazione della
eccedenza di personale (con l’avvertenza che le ragioni del licenziamento
collettivo non potranno esser rinvenute in eventi collegati alla cessione);
- addivenire poi, in sede di
consultazioni sindacali, a degli accordi individuali plurimi, in sede protetta
ex art. 411 c.p.c., sottoscritti da tutti i lavoratori interessati, con
l’assistenza del Sindacato, attraverso i quali si definiscono, in ragione delle
esigenze tecniche organizzativa, le sorti e le condizioni dei dipendenti che
“passano” alle dipendenze del cessionario e di quelli che “non passano” e che
costituiscono oggetto dei licenziamenti collettivi (con relativa rinuncia
all’impugnazione del licenziamento, a fronte, di norma, di un incentivo all’esodo).
In ogni caso, va detto che, in conformità alla direttiva comunitaria
(art. 4 Direttiva n. 50 del 1998), il cessionario potrà sempre procedere a
licenziamenti collettivi per riduzione di personale (L. 223/91) in relazione
alle proprie esigenze di carattere economico, tecnico e di organizzazione
dell’azienda acquisita.
Infine, pare utile ricordare che, per costante giurisprudenza, in caso
di licenziamento intimato dal cedente, ove poi dichiarato illegittimo, l’ordine
di reintegrazione avrà effetto nei confronti del cessionario (Cass. Sez. Lav.
n. 4182 del 1984), donde l’opportunità di inserire nel contratto clausole di
salvaguardia o manleva.