Emergenza Covid-19 e divieto di licenziamenti
Continueranno almeno fino al mese di marzo 2021 le limitazioni al potere dei datori di lavoro di intimare ai propri dipendenti il licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo ai sensi della l. 604/1966, nonché di avviare procedure collettive di mobilità o di riduzione di personale regolate dalla l. 223/1991.
Il decreto Cura Italia,
il decreto Rilancio, il decreto Agosto
Le
prime misure introdotte risalgono alla primavera 2020, quando il decreto legge
17.3.2020, n. 18 (c.d. ‘Cura Italia’), convertito con la legge 24.4.2020
n. 27, stabiliva la sospensione per sessanta giorni, a prescindere dal numero
dei dipendenti occupati, dei licenziamenti individuali per giustificato motivo
oggettivo intimati dal datore di lavoro, così come delle procedure collettive
di mobilità e di riduzione di personale.
Il
periodo di sospensione subiva poi una prima proroga con il decreto legge
19.5.2020, n. 34 (c.d. ‘Decreto Rilancio’), convertito con la legge 17.7.2020,
n. 77, che ne aveva sancito l’estensione fino al 17 Agosto 2020 .
Seguiva
il decreto legge 14.8.2020, n. 146 (c.d. ‘decreto Agosto’), convertito
in legge 13.10.2020, n. 126, recante ‘Misure urgenti per il sostegno e il
rilancio dell’economia’ che confermava le stesse preclusioni ma le
circoscriveva ai “datori di lavoro che non abbiano integralmente fruito dei
trattamenti di integrazione salariale riconducibili all’emergenza
epidemiologica da COVID-19 di cui all’art. 1 ovvero dell’esonero del versamento
da contributi previdenziali di cui all’art. 3 del presente decreto” .
Le novità introdotte dal
d.l. di Agosto lasciavano aperti due interrogativi:
·
se il datore di lavoro che avesse esaurito
la Cassa Integrazione Covid e che avesse usufruito dell’esonero contributivo
potesse effettivamente intimare un licenziamento per giustificato motivo
oggettivo;
·
se il datore di lavoro intenzionato a
licenziare per un giustificato motivo oggettivo estraneo all’epidemia da
Covid-19 fosse ugualmente obbligato ad usufruire della cassa integrazione Covid
e degli sgravi contributivi prima di poter interrompere il rapporto di lavoro.
Il
‘decreto Ristori’
Questa
potenziale incertezza interpretativa è stata superata dal più recente d.l.
28.10.2020, n. 137 (c.d. ‘decreto Ristori’), che ha confermato all’art.
12 il divieto di licenziamento e lo ha esteso fino al 31 gennaio 2021, senza
più riferimenti alla fruizione da parte del datore di lavoro della cassa
integrazione o all’utilizzo degli sgravi contributivi.
L’attuale
normativa induce quindi a ritenere che il datore di lavoro non possa licenziare
i propri dipendenti per ragioni tecniche, organizzative o produttive, anche
quando tali ragioni prescindono dall’emergenza epidemiologica attualmente in
corso, e anche se l’impresa sia di piccole o medie dimensioni.
L’art.
12 del Decreto Ristori prevede tuttavia alcune limitate eccezioni al divieto di
licenziamento.
1.
licenziamenti motivati dalla
cessazione definitiva dell’attività di impresa, conseguenti alla messa in
liquidazione della società senza continuazione dell’attività, anche parziale,
nei casi in cui nel corso della liquidazione non si configurino ipotesi di cessione
di ramo o di azienda ai sensi dell’art. 2112 c.c.;
2.
ipotesi di accordo collettivo
aziendale con le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative,
con la previsione di un incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro,
limitatamente ai lavoratori che aderiscono all’accordo, e con conseguente
possibilità di accesso alla NASPI;
3.
licenziamenti intimati in caso di
fallimento quando non è previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa, ovvero
ne sia disposta la cessazione;
4. lavoratori domestici e dirigenti apicali.
La legge di Bilancio 2021
Il
disegno di legge di Bilancio 2021, presentato il 18.11.2020 e in corso di
approvazione, prevede all’art. 54, la proroga fino al 31 marzo 2021 del divieto
di licenziamento nonché un ulteriore rifinanziamento della Cassa Integrazione
Covid.
Restano
invece ammessi i licenziamenti per giusta causa o per giustificato motivo
soggettivo, ossia i recessi che dipendono da un fatto grave tale da rendere
impossibile la prosecuzione del rapporto di lavoro, o che siano conseguenti ad un inadempimento del lavoratore. Resta però
fermo in queste ipotesi l’obbligo del datore di lavoro di contestare
preventivamente il fatto addebitato al dipendente, consentendo allo stesso di
controdedurre a propria difesa, ai sensi dell’art. 7, l. n. 300/1970. Inoltre
in caso di contenzioso in sede giudiziale ricade sul datore di lavoro l’onere
di provare la effettiva sussistenza e la gravità dei fatti contestati al
lavoratore licenziato.
In conclusione, la situazione di emergenza che stiamo vivendo impone alle imprese che intendono riorganizzare la propria attività mediante riduzione di personale o interruzione di alcuni rapporti di lavoro, di rinviare tali operazioni alla fine dell’emergenza epidemiologica, oppure di valutare la ricerca di un accordo consensuale con il lavoratore e/o con le Organizzazioni Sindacali per la risoluzione del contratto di lavoro.
Dicembre
2020
Edoardo
Piccione