Il privilegio artigiano nella liquidazione giudiziale
24 luglio, 2023

Il privilegio artigiano nella liquidazione giudiziale

Come noto, nell’ambito della procedura fallimentare, o per meglio dire nella recentissima liquidazione giudiziale, i crediti ammessi al passivo possono essere assistiti da un privilegio: l’essere ammesso in via privilegiata implica la liquidazione del credito ex ante rispetto ai crediti chirografari, garantendo quindi al titolare dello stesso una maggiore probabilità di soddisfazione.

A tale proposito, l’art. 2751 bis comma 1 n. 5 c.c. riconosce il privilegio ai crediti dell’impresa artigiana; per poterne beneficiare tuttavia non è sufficiente essere iscritti all’albo delle imprese artigiane, condizione questa necessaria ma non sufficiente, essendo invece necessario il rispetto dei requisiti dimensionali/quantitativi di cui all’art. 4 L. 443/85 (Legge Quadro sull’Artigianato).

Tale norma distingue a seconda della tipologia di attività svolta:

1) impresa che non lavora in serie: può avere un numero massimo di 18 dipendenti, compresi gli apprendisti in numero non superiore a 9; detto limite potrà essere innalzato a 22 a condizione che le unità aggiuntive siano apprendisti;

2) impresa che lavora in serie purché con lavorazioni non del tutto automatizzate: è previsto un numero massimo di dipendenti pari a 9, compresi gli apprendisti in un numero non superiore a 5. Anche in questa ipotesi il numero massimo può essere portato ad 12 a condizione che gli elementi aggiuntivi siano apprendisti;

3) impresa che svolge la propria attività nei settori delle lavorazioni artistiche, tradizionali e dell’abbigliamento su misura: il numero massimo di dipendenti viene individuato in 32 unità, compresi gli apprendisti che in ogni caso non possono essere superiori a 16. Il numero massimo può essere portato a 40 dipendenti, a condizioni che le unità aggiuntive siano apprendisti;

4) imprese di trasporto: il numero massimo di dipendenti è pari a 8;

5) imprese di costruzioni edili: è stato convenuto il massimo di 10 dipendenti compresi gli apprendisti in un numero non superiore a 5. Il numero massimo può essere elevato a 14 a condizione che le unità aggiuntive siano apprendisti.

La prassi dei Tribunali ha dimostrato come talvolta né l’iscrizione al relativo albo né il rispetto dei requisiti dimensionali suesposti sia sufficiente a garantire al creditore l’ammissione al passivo in via privilegiata; quanto sopra trova spiegazione nel fatto che, ai fini del riconoscimento del privilegio in oggetto, risulta altresì necessaria la sussistenza di un ulteriore requisito individuato dall’art. 3 comma 2 L. 443/85 che si concretizza nella prevalenza del lavoro sul capitale investito, sintomo, in linea di principio, di un’impresa caratterizzata dall’artigianalità.

Detta prevalenza potrebbe essere matematicamente riassunta come segue: (ammortamenti di beni strumentali nell’anno+ acquisti di merci o beni destinati alla produzione + variazione delle rimanenze + canoni di leasing) < (costo dei dipendenti + costo effettivo o figurativo del lavoro dei soci effettivamente impiegati nell’impresa - lavorazioni conto terzi o costo del lavoro fatto effettuare da terzi).

Sennonché talvolta, in ragione della tipologia di attività svolta e del valore economico dei beni impiegati dall’impresa, non è possibile dimostrare detto rapporto di prevalenza; si pensi, ad esempio, alla differenza strutturale tra un’impresa tessile ed un’impresa meccanica: nella prima il capitale impiegato avrà, nella maggior parte dei casi, un valore residuale rispetto al lavoro, nella seconda invece detto requisito difficilmente sarà rispettato, considerato che vengono impiegate come materie prime macchinari altamente specializzati ed industrializzati e di conseguenza costosi.  

Ed è proprio a tale riguardo che è intervenuta la giurisprudenza della suprema Corte di Cassazione affermando che “la funzione preminente del lavoro sul capitale, che ai sensi della L. n. 443 del 1985, art. 3, comma 2, rileva al fine dell'individuazione dell'impresa artigiana, comporta che il rapporto tra il fattore lavoro ed il capitale investito nella impresa possa essere inteso non solo in senso quantitativo, con riferimento alla preponderanza del ruolo di un fattore produttivo sull'altro, ma anche in senso funzionale e qualitativo, in rapporto con le caratteristiche strutturali fondamentali dell'impresa artigiana ed alla natura del bene prodotto o del servizio reso, con la conseguenza della inclusione tra le imprese artigiane di quelle caratterizzate dall'opera qualificante dell'imprenditore o dei suoi collaboratori e che tuttavia, pur a fronte di una limitata organizzazione, hanno bisogno strutturalmente di un notevole impiego di capitali…Pertanto, il giudice di merito può assegnare prevalenza al lavoro quando la particolare qualificazione dell'attività personale dell'imprenditore assuma un significato tale da risultare il connotato essenziale dell'impresa” (Cass. Civ., 6.9.2019, n. 22379; conf. Cass. 8.11.2006, n. 23795; Cass. 19.9.2017, n. 21703).

Orbene, il caso di un’impresa artigiana operante nel settore degli impianti meccanici ricade puntualmente nella fattispecie esaminata dalla Suprema Corte: in detto settore economico le ditte acquistano macchinari ed attrezzature (per esempio pompe di calore, pannelli solari, impianti di illuminazione e corpi illuminanti, dispositivi elettronici di comando domotico, dispostivi per movimentazione aperture cancelli, cavi per cablaggi ecc.) non per farne commercio autonomo e ricavarne un margine di ricarico significativo in sé, ma unicamente per poter svolgere la propria attività manuale artigiana.

Così, se pensiamo ad un artigiano che si occupa di installazione e manutenzione di pannelli solari o di impianti di riscaldamento e raffreddamento, appare chiaro che costui sosterrà ingenti costi per l’acquisto dei beni da installare o delle materie prime, con una conseguente importante incidenza sul costo totale della prestazione rispetto al solo valore della manodopera. Ciò tuttavia non può essere considerato in assoluto fatto preclusivo al riconoscimento del carattere artigiano del credito, giacché in un caso come quello qui esemplificato, il “valore oggettivo” e la natura stessa del lavoro artigiano consta proprio nel saper fare, al meglio, il lavoro di montare, installare e manutenere detti impianti che in sé hanno natura funzionale e strumentale all’attività che costituisce l’oggetto sociale dell’impresa.

Un’attività di questa caratura è quindi caratterizzata marcatamente dall’abilità artigiana del titolare e dei suoi collaboratori nel risolvere problemi sempre diversi, dalla capacità di adattare ed organizzare il proprio lavoro a situazioni ‘customizzate’, sempre diverse, che cambiano da progetto a progetto, da sito a sito, da impianto ad impianto. Ed è qui il valore aggiunto dell’impresa artigiana che caratterizza sia l’utile di impresa sia la ragion d’essere stessa dell’attività.

In conclusione, possiamo affermare che ai fini dell’ammissione del credito con il privilegio artigiano di cui all’art. 2751 bis comma 1 n. 5 c.c., il requisito quantitativo e qualitativo della prevalenza del lavoro sul capitale investito non può essere applicato in termini letterali, come se fosse una equazione matematica, ma richiede una valutazione caso per caso avendo riguardo alla specificità dell’attività svolta dalla singola impresa e alle sue caratteristiche.

Luglio 2023

Orsola Scanferlato