
S.O.S. IA negli atti giudiziari
E’
ormai diffuso l’utilizzo di strumenti di intelligenza artificiale (come
“ChatGPT) per la ricerca di precedenti giurisprudenziali da inserire negli atti
giudiziari.
Tale
fenomeno ha comportato e sta comportando una problematica del tutto nuova da
affrontare ovvero il richiamo da parte del difensore di precedenti inesistenti
o non coerenti con la tematica oggetto della controversia. E tale problematica
è del tutto diversa da quella in cui il difensore possa aver errato nel
richiamo della data o del numero della pronunzia citata. In tali casi, molto
spesso, è sufficiente una ricerca accurata da parte del Giudice o del legale
della controparte per rinvenire comunque il precedente così che l’erronea
citazione può essere ricondotta ad un mero errore materiale.
Nella
problematica nuova dell’utilizzo della IA, invece, si tratta di precedenti
addirittura inesistenti. Tale criticità si è già presentata negli altri paesi
europei, più avanti rispetto all’Italia nell’utilizzo dell’IA in svariati
settori, tra cui quello giuridico.
In
un recente caso affrontato dal Tribunale di Firenze (sentenza 14 marzo 2025) è
accaduto che una delle parti avesse indicato nella propria comparsa precedenti
giurisprudenziali in parte inesistenti ed in parte non coerenti con le
questioni oggetto di causa. Il difensore chiamato a chiarimenti sul punto aveva
riferito che tali citazioni erano state reperite da una collaboratrice di
studio tramite l’utilizzo dello strumento di intelligenza artificiale “ChatGPT”
senza che lo stesso legale ne fosse a conoscenza. E’ stato accertato che l’IA
aveva generato delle sentenze mai emesse da alcuna autorità giurisdizionale.
La
Controparte ha chiesto la condanna ex art. 96 c.p.c. della controparte in
ragione dell’abuso compiuto nell’utilizzo della intelligenza artificiale, con
il rischio concreto di aver potenzialmente influenzato la decisione del
Tribunale.
Nel
caso di specie il Tribunale non ha accolto la richiesta, affermando i seguenti
principi: ‘L’uso di strumenti di intelligenza artificiale per la ricerca
giurisprudenziale impone al difensore l’obbligo di controllo sull’effettiva
esistenza e coerenza delle fonti richiamate. l’eventuale inserimento di
precedenti inesistenti generati dall’IA non giustifica, di per sé, una condanna
ex art. 96 c.p.c. ove non risulti dimostrato il dolo o la colpa grave né
l’abusività della condotta processuale, e in mancanza della allegazione concreta
del danno. L’errore nella citazione non produce effetti sanzionatori se non ha
influenzato in modo scorretto la decisione o alterato il contraddittorio’.
Il caso di recente affrontato dal Tribunale fiorentino impone agli operatori di settore di porre la massima attenzione, oltre che la massima diligenza, nell’utilizzo di strumenti di intelligenza artificiale nella redazione degli atti giudiziari. Può infatti accadere che non sia da subito rilevata l’inesistenza del precedente (pensiamo all’ipotesi frequente in cui vengono citate una serie di plurime pronunzie su quel tema a supporto dell’esistenza di un orientamento giurisprudenziale consolidato o financo prevalente) e magari il problema sorga in appello. In tale situazione non è da escludere che possa configurarsi un potenziale danno (si pensi alla soccombenza in primo grado dell’altra parte) ed anche una colpa grave del difensore per non aver verificato le fonti citate ed aver così fuorviato in misura rilevante l’autorità giudicante.
Aprile
2025
Alessandra
Buzzavo