
Redazione degli atti processuali con l’Intelligenza Artificiale: condanna ex art. 96, III e IV co., c.p.c.
Con la recentissima sentenza del Tribunale di
Torino, Sezione Lavoro, è stato affrontato il tema della redazione degli atti
processuali “con il supporto dell’Intelligenza Artificiale”.
Nel caso specifico Tizia aveva proposto opposizione
avverso numerose ingiunzioni di pagamento, dichiarandosi non debitrice delle
somme portate dai titoli notificati.
Il Giudice ha rigettato integralmente il ricorso,
ritenendo – in sintesi - che le doglianze formulate dalla ricorrente relative
al merito della pretesa creditoria portata dagli avvisi di addebito, sottesi
all’intimazione di pagamento, ed alla validità formale degli stessi, erano - da
un lato - inammissibili in quanto proposti oltre il termine di 40 giorni dalla
notifica di ciascuno degli avvisi di addebito (termine previsto a pena di
decadenza dalla legge) e - dall’altro - infondati.
Il Tribunale ha rilevato più volte nella motivazione
della sentenza che le doglianze della ricorrente erano “espresse, per altro,
in termini del tutto astratti, privi di connessione con gli specifici titoli
impugnati e che, pertanto, risultano in larga parte inconferenti”; ed
ancora che “l’eccezione di incompetenza territoriale va rigettata in quanto
formulata in via del tutto generica e senza alcuna connessione con gli atti
oggetto del ricorso o con la situazione della ricorrente”.
In conclusione, il Giudice ha rigettato
integralmente le domande della ricorrente e ha posto le spese di lite a carico
della stessa secondo il criterio della soccombenza. Per quanto qui interessa,
inoltre, il Giudice ha stabilito una condanna a carico della ricorrente Tizia ai
sensi dell’art. 96, terzo comma, c.p.c. secondo cui “in ogni caso, quando
pronuncia sulle spese ai sensi dell’art. 91, il Giudice, anche d’ufficio, può
altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della
Controparte, di una somma equitativamente determinata”. Il quarto comma
della stessa norma prevede che “nei casi previsti dal primo, secondo e terzo
comma, il Giudice condanna altresì la parte al pagamento, in favore della cassa
delle ammende, di una somma di denaro non inferiore ad Euro 500 e non superiore
ad Euro 5.000,00”.
Pertanto il Giudice, applicando il disposto del
terzo e quarto comma dell’art. 96 c.p.c., nel capo quinto della sentenza ha
così disposto: “Ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c., si ritiene altresì
necessario condannare parte attrice al pagamento della somma di euro 500 in
favore di ciascuna delle parti convenute. La
ricorrente ha infatti agito in giudizio con malafede o, quantomeno con colpa
grave, dal momento che
ha proposto opposizione nei confronti di avvisi di addebito che le erano stati
tutti notificati in precedenza, già oggetto di plurimi atti di esecuzione
anch’essi tutti regolarmente notificati e ha
svolto – tramite un ricorso redatto “col supporto dell’intelligenza
artificiale”, costituito da un coacervo di citazioni normative e
giurisprudenziali astratte, prive di ordine logico e in larga parte
inconferenti, senza allegazioni concretamente riferibili alla situazione
oggetto del giudizio – eccezioni tutte manifestamente infondate. A tale statuizione consegue, ai sensi dell’art.
96, c. 4, c.p.c. la condanna ad una somma in favore della cassa delle ammende
che si determina equitativamente in € 500”.
Tale pronunzia conferma che l’operatore del diritto
deve porre la massima attenzione nell’utilizzo del supporto dell’Intelligenza
Artificiale, in particolare nella redazione degli atti processuali in quanto,
come già evidenziato in altri casi, l’IA può citare pronunzie giurisprudenziali
inesistenti o create ad hoc, così come citare norme non rientranti nel
nostro ordinamento al fine di “sostenere la causa”, il tutto in pregiudizio del
corretto regolare svolgimento del contraddittorio e del rigore scientifico che
l’avvocato deve adoperare nella stesura delle difese.
Ottobre 2025
Alessandra Buzzavo