Più comproprietari di bene immobile: tutti i comunisti hanno pari poteri gestori?
15 marzo, 2023

Più comproprietari di bene immobile: tutti i comunisti hanno pari poteri gestori?

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 34131 del 21.11.22 conferma un orientamento della stessa Corte di legittimità secondo cui, in presenza di una comproprietà indivisa di bene immobile, ciascun comproprietario ha pari poteri gestori del bene comune, sui quali il terzo di buona fede può fare affidamento.

E’ un principio che ha risvolti importanti nei frequenti casi di dissidi o contrasti tra i comproprietari all’interno della comunione.

Nel caso di specie Tizio e Caio, deducendo di essere comproprietari di un fondo con altri fratelli, convenivano in giudizio Sempronio al fine di ottenere il rilascio del predetto fondo dallo stesso detenuto. Sempronio opponeva l’esistenza di un contratto di affitto stipulato con Mevio e procedeva alla chiamata in causa dello stesso per essere manlevato per la denegata ipotesi di accoglimento delle domande degli attori nei suoi confronti.

Mevio, costituitosi in giudizio, formulava domanda riconvenzionale nei confronti di Sempronio, chiedendo la risoluzione del contratto di affitto agrario per mancato pagamento dei canoni.

Sia il Tribunale che la Corte d’appello, nel decretare la risoluzione del contratto di affitto per morosità, statuivano il rilascio del fondo anche in favore di Tizio e Caio, comproprietari attori, i quali però non avevano formulato domanda di risoluzione del contratto. E ciò in quanto l’estensione dell’ordine di rilascio del fondo in favore anche degli altri comproprietari era una diretta conseguenza della opponibilità agli stessi del contratto di locazione stipulato dal solo Mevio in virtù del principio secondo cui, in difetto di prova contraria, deve presumersi la concorrenza di poteri gestori in capo a tutti i comunisti.

Sempronio proponeva ricorso per Cassazione, censurando – tra gli altri motivi di ricorso – tale statuizione che aveva disposto la pronunzia di rilascio del fondo anche nei confronti di Tizio e Caio.

La Corte di legittimità ha ritenuto il motivo di ricorso infondato e confermato le sentenze di primo e di secondo grado, facendo proprio il principio secondo cui ‘qualora il contratto di locazione abbia ad oggetto un immobile in comproprietà indivisa, ciascuno dei comunisti ha, in difetto di prova contraria, pari poteri gestori, rispondendo a regole di comune esperienza che uno o alcuni di essi gestiscano, con il consenso degli altri, gli interessi di tutti, sicché l'eventuale mancanza di poteri o di autorizzazione rileva nei soli rapporti interni fra i comproprietari e non può essere eccepita alla parte conduttrice che ha fatto affidamento sulle dichiarazioni o sui comportamenti di chi appariva agire per tutti’ (n senso conforme la pronunzia di Cass. 2.2.2016 n. 1986 e di Cass. n. 5077 del 3. 3.2010).

La Cassazione ha quindi ritenuto che il contratto di affitto, seppur concluso dal solo Mevio, era valido ed opponibile anche agli altri comproprietari del fondo, anche se rimasti estranei alla stipula del contratto, con la conseguenza che l’ordine di rilascio del fondo, conseguente alla risoluzione del contratto, sebbene proposta solo da Mevio, doveva estendersi anche gli altri comproprietari del bene.

La sentenza in esame e le decisioni precedenti conformi non offrono elementi per capire quale potrebbe essere una valida ed efficace prova contraria opponibile al terzo, elemento di rilevante importanza perché da esso la Corte fa dipendere la rilevanza nei meri rapporti interni o l’opponibilità ai terzi del difetto di potere o di autorizzazione di colui che ha agito per conto della comunione.

Si potrebbe pensare ad un formale atto di opposizione di uno dei comunisti nei confronti di altro comproprietario rispetto ad un atto relativo al bene comune che lo stesso vorrebbe compiere o più in generale una diffida di non gestire il bene comune senza il consenso espresso di tutti i comproprietari….. con il limite che il terzo di buona fede potrebbe comunque non essere a conoscenza di tale opposizione o diffida e ‘scoprirla’ solo una volta stipulato l’atto.

Inoltre la Suprema Corte non distingue tra atti di ordinaria amministrazione e di straordinaria amministrazione: nel caso di specie si trattava di un affitto di fondo rustico e pertanto di un atto di non ordinaria amministrazione.

Tali elementi confermano la delicatezza della materia e la necessità, in presenza di dissidi interni tra comproprietari, di monitorare gli atti compiuti da uno o più di essi rispetto ai quali gli altri comproprietari potrebbero non essere in accordo e più in generale manifestare in modo formale ed espresso la mancanza di poteri gestori in capo ai singoli comproprietari così da non trovarsi a dover ‘subire’ gli effetti di atti non approvati né voluti che coinvolgono il bene comune.

Marzo 2023

Alessandra Buzzavo