Più comproprietari di bene immobile: tutti i comunisti hanno pari poteri gestori?
La recente sentenza della
Corte di Cassazione n. 34131 del 21.11.22 conferma un orientamento della stessa
Corte di legittimità secondo cui, in presenza di una comproprietà indivisa di
bene immobile, ciascun comproprietario ha pari poteri gestori del bene comune,
sui quali il terzo di buona fede può fare affidamento.
E’ un principio che ha
risvolti importanti nei frequenti casi di dissidi o contrasti tra i
comproprietari all’interno della comunione.
Nel caso di specie Tizio
e Caio, deducendo di essere comproprietari di un fondo con altri fratelli,
convenivano in giudizio Sempronio al fine di ottenere il rilascio del predetto
fondo dallo stesso detenuto. Sempronio opponeva l’esistenza di un contratto di
affitto stipulato con Mevio e procedeva alla chiamata in causa dello stesso per
essere manlevato per la denegata ipotesi di accoglimento delle domande degli
attori nei suoi confronti.
Mevio, costituitosi in
giudizio, formulava domanda riconvenzionale nei confronti di Sempronio,
chiedendo la risoluzione del contratto di affitto agrario per mancato pagamento
dei canoni.
Sia il Tribunale che la
Corte d’appello, nel decretare la risoluzione del contratto di affitto per
morosità, statuivano il rilascio del fondo anche in favore di Tizio e Caio,
comproprietari attori, i quali però non avevano formulato domanda di
risoluzione del contratto. E ciò in quanto l’estensione dell’ordine di rilascio
del fondo in favore anche degli altri comproprietari era una diretta
conseguenza della opponibilità agli stessi del contratto di locazione stipulato
dal solo Mevio in virtù del principio secondo cui, in difetto di prova
contraria, deve presumersi la concorrenza di poteri gestori in capo a tutti i
comunisti.
Sempronio proponeva
ricorso per Cassazione, censurando – tra gli altri motivi di ricorso – tale
statuizione che aveva disposto la pronunzia di rilascio del fondo anche nei
confronti di Tizio e Caio.
La Corte di legittimità
ha ritenuto il motivo di ricorso infondato e confermato le sentenze di primo e
di secondo grado, facendo proprio il principio secondo cui ‘qualora il
contratto di locazione abbia ad oggetto un immobile in comproprietà indivisa,
ciascuno dei comunisti ha, in difetto di prova contraria, pari poteri gestori, rispondendo
a regole di comune esperienza che uno o alcuni di essi gestiscano, con il
consenso degli altri, gli interessi di tutti, sicché l'eventuale mancanza di
poteri o di autorizzazione rileva nei soli rapporti interni fra i
comproprietari e non può essere eccepita alla parte conduttrice che ha fatto
affidamento sulle dichiarazioni o sui comportamenti di chi appariva agire per
tutti’ (n senso conforme la pronunzia di Cass. 2.2.2016 n. 1986 e di Cass.
n. 5077 del 3. 3.2010).
La Cassazione ha quindi
ritenuto che il contratto di affitto, seppur concluso dal solo Mevio, era
valido ed opponibile anche agli altri comproprietari del fondo, anche se
rimasti estranei alla stipula del contratto, con la conseguenza
che l’ordine di rilascio del fondo, conseguente alla risoluzione del contratto,
sebbene proposta solo da Mevio, doveva estendersi anche gli altri
comproprietari del bene.
La sentenza in esame e le
decisioni precedenti conformi non offrono elementi per capire quale potrebbe
essere una valida ed efficace prova contraria opponibile al terzo, elemento di
rilevante importanza perché da esso la Corte fa dipendere la rilevanza nei meri
rapporti interni o l’opponibilità ai terzi del difetto di potere o di
autorizzazione di colui che ha agito per conto della comunione.
Si potrebbe pensare ad un
formale atto di opposizione di uno dei comunisti nei confronti di altro
comproprietario rispetto ad un atto relativo al bene comune che lo stesso
vorrebbe compiere o più in generale una diffida di non gestire il bene comune
senza il consenso espresso di tutti i comproprietari….. con il limite che il
terzo di buona fede potrebbe comunque non essere a conoscenza di tale
opposizione o diffida e ‘scoprirla’ solo una volta stipulato l’atto.
Inoltre la Suprema Corte
non distingue tra atti di ordinaria amministrazione e di straordinaria
amministrazione: nel caso di specie si trattava di un affitto di fondo rustico
e pertanto di un atto di non ordinaria amministrazione.
Tali elementi confermano la delicatezza della materia e la necessità, in presenza di dissidi interni tra comproprietari, di monitorare gli atti compiuti da uno o più di essi rispetto ai quali gli altri comproprietari potrebbero non essere in accordo e più in generale manifestare in modo formale ed espresso la mancanza di poteri gestori in capo ai singoli comproprietari così da non trovarsi a dover ‘subire’ gli effetti di atti non approvati né voluti che coinvolgono il bene comune.
Marzo
2023
Alessandra
Buzzavo




