Impianti fotovoltaici: requisiti per incentivi GSE.
Con
la sentenza 7 agosto 2018 n. 8838, il TAR Lazio, sezione Terza ter, competente in materia di
controversie in cui sia parte il Gestore Servizi Energetici - GSE s.p.a., ha
ribadito i requisiti necessari per l’ammissione – ed il mantenimento per
l’intero periodo – alle tariffe incentivanti individuate dal MISE - Ministero
dello Sviluppo Economico, con D.M. 5 maggio 2011.
La
vicenda
La
pronuncia è stata resa su una vicenda iniziata nel 2012, quando una società in
accomandita semplice veniva ammessa dal G.S.E. alle tariffe incentivanti per la
produzione di energia elettrica da impianti solari fotovoltaici realizzati in
un comune in provincia di Trento, di potenza pari a 16,00 kW.
Si
trattava, in particolare, di accedere a quanto previsto dal D.M. 5 maggio 2011
(c.d. “Quarto Conto Energia”), ed altresì alla maggiorazione tariffaria del 10%
prevista dall’art. 14 comma 1, lett. d), di tale provvedimento, consentita per
l’utilizzo di componenti prodotti nell’Unione Europea e/o nei Paesi dello
Spazio Economico Europeo.
Successivamente,
ai sensi dell’art. 42 del D. Lgs. 3 marzo 2011, n. 28 – che stabilisce che
l’erogazione degli incentivi nel settore elettrico e termico, di competenza del
GSE, è subordinata alla verifica dei dati forniti dai soggetti responsabili che
presentano istanza – l’Ente attuava le procedure di verifica.
Solitamente
tali procedure vengono affidate anche ad enti controllati dal GSE, e svolte sia
attraverso il controllo della documentazione trasmessa, che mediante controlli
a campione sugli impianti.
Secondo
l’art. 11 del Decreto Ministeriale 31.1.2014, “Attuazione dell’articolo 42 del
D. Lgs. 28/2011, sulla disciplina dei controlli e delle sanzioni in materia di
incentivi nel settore elettrico di competenza del Gestore Servizi Energetici -
GSE s.p.a.”, il GSE dispone il rigetto dell’istanza oppure la decadenza dagli
incentivi, con integrale recupero delle somme già erogate, qualora, in esito
all’attività di controllo o di verifica documentale, vengano accertate le “Violazioni rilevanti” di cui
all’Allegato 1 al medesimo D.M.. Al di fuori delle ipotesi espressamente
previste dall’Allegato 1, qualora il GSE rilevi violazioni, elusioni o
inadempimenti cui consegua l’indebito accesso agli incentivi, dispone comunque
il rigetto dell’istanza oppure la decadenza dagli incentivi nonché l’integrale
recupero delle somme eventualmente già erogate.
Ebbene,
nella vicenda oggetto della sentenza del TAR Lazio, il GSE comunicava
nell’agosto 2014 la sospensione dell’erogazione degli incentivi, e tuttavia,
due mesi dopo, disponeva l’annullamento parziale della sospensione. Nel maggio
2015 avviava il procedimento di verifica documentale ai sensi del citato art.
42 del D. Lgs. 28/2011.
Con
provvedimento del marzo 2017, a conclusione del procedimento di verifica, il
GSE comunicava la decadenza dal diritto alle tariffe incentivanti di cui al
D.M. 5 maggio 2011, a causa della riscontrata sussistenza di una “Violazione rilevante”, consistente
nella ‘presentazione al GSE di dati non veritieri o di documenti falsi,
mendaci o contraffatti, in relazione alla richiesta di incentivi, ovvero
mancata presentazione di documenti indispensabili ai fini della verifica della
ammissibilità agli incentivi’. Si trattava, per quanto qui interessa, del
documento “Factory Inspection Attestation”, ossia, come chiarito anche dal TAR
in sentenza, della certificazione del processo produttivo dei moduli
fotovoltaici, che avrebbe dovuto attestarne l’origine europea mediante
identificazione del sito produttivo. Tale documento era stato allegato dalla
società (ai fini delle pratiche di riconoscimento degli incentivi, il c.d. “soggetto responsabile”) alla domanda di
accesso agli incentivi, e sarebbe risultato, secondo l’Ente, “difforme dalla
versione effettivamente emessa dall’ente certificatore”.
Il
giudizio
A
fronte di un iniziale rigetto dell’istanza cautelare di sospensione
dell’efficacia del provvedimento, poi invece accolta dal Consiglio di Stato in
sede di appello (ritenendo, il giudice d’appello, che le argomentazioni
dell’appellante fossero ‘positivamente
apprezzabili alla luce del principio di proporzionalità, in ragione della
sussistenza di una mera irregolarità
riconducibile a comportamento non imputabile del richiedente e della
riferibilità della stessa alla sola maggiorazione degli incentivi’) il
TAR si è poi pronunciato per il rigetto del ricorso, statuendo i seguenti
principi:
a)
Il GSE è titolare di un potere immanente di verifica della spettanza dei
benefici, potere la cui sussistenza è pienamente giustificata dalla mera
pendenza del rapporto di incentivazione, e che può essere esercitato per tutta
la durata dello stesso, non essendo previsto alcun termine decadenziale di
attivazione (come statuito, in precedenza, nelle sentenze nn. 1300/2018 e
9906/2017, stessa sezione del TAR Lazio, Roma).
b)
Il potere di verifica del GSE è definito, a livello primario, dall’art. 42 del
D. Lgs. 28/2011, che si pone quale norma speciale regolante questo settore
dell’ordinamento, non venendo invece in rilievo la disposizione (diversa e
generale di cui all’art. 21 nonies della
Legge n. 241 del 1990 (nello stesso senso, TAR Lazio, Roma, Sez. III ter, sent.
nn. 6647 e 6652 del 2016).
c)
Le carenze di conformità individuate dal GSE nel documento “Factory Inspection
Attestation”, lungi dal comportare una mera irregolarità, sono invece tali da
inficiare l’utilità stessa del documento, privandolo della sua idoneità
certificativa, per ciò solo determinandosi un’ipotesi di violazione rilevante
ai sensi del D.M. 31 gennaio 2014 (come statuito dal medesimo Tribunale nelle
sentenze nn. 2729, 2731 e 2733 del 2017).
d)
La mancata attribuzione delle tariffe incentivanti non è certo una sanzione
punitiva, tanto meno è sanzione di natura penale per la quale debba sussistere
l’elemento soggettivo. Ed in ogni caso l’accertamento dell’elemento psicologico
non è richiesto dalle norme che regolano il procedimento ed anzi è
incompatibile con quelle (nello stesso senso, anche TAR Lazio, Roma, Sez. III
ter, sent. n. 11706 del 2015).
e)
Spettava alla ricorrente (“soggetto responsabile”) dimostrare l’origine europea
dei moduli ai fini di ottenere la maggiorazione tariffaria del 10%, che essa
stessa aveva chiesto all’atto della domanda di accesso agli incentivi e che,
quindi, ‘andava documentata a dovere’.
Per
l’effetto, il TAR Lazio disponeva il rigetto del ricorso, con condanna alle
spese in favore del GSE.
La
pronuncia esplicita e riprende un tema interessante su cui pare esservi una
diversità di vedute tra la Sezione terza ter
del Tribunale romano ed il Consiglio di Stato: mentre per il primo è onere dell’interessato fornire tutti gli
elementi idonei a dar prova della sussistenza delle condizioni per l’ammissione
ai benefici, ricadendo sullo stesso eventuali carenze che incidano sul
perfezionamento della fattispecie agevolativa (c.d. “principio di autoresponsabilità nella produzione di dichiarazioni e di
documenti”), non così per il secondo, come da sentenza CdS n. 2006 del
2016, secondo cui il GSE sbagliava a ritenere che nel D.M. 5 maggio 2011 e nel
D.L.gs. n. 28/2011 potesse rinvenirsi ‘
una sorta di "automatismo" tra la presentazione di dati o documenti
falsi ovvero non veritieri, da parte del soggetto istante, e la decadenza dello
stesso dalle tariffe incentivanti’. Secondo il TAR Lazio, nella sentenza
qui commentata, questa visione sarebbe ormai superata in ragione dell’obbligo del richiedente gli incentivi di
fornire prova veritiera e completa della sussistenza dei requisiti.
La
pronuncia qui commentata non mancherà di avere seguito, essendo quello della
decadenza dagli incentivi GSE per impianti fotovoltaici un tema sempre più
attuale e foriero di possibile contenzioso.
Giulio Calcinotto




