Il trasferimento di azienda
29 ottobre, 2019

Il trasferimento di azienda

11                La responsabilità solidale del cessionario

12                Il trasferimento di azienda in crisi

13                I termini di impugnazione del trasferimento d’azienda.

 

11                La responsabilità solidale del cessionario

Sul punto, basti sol rilevare:

-  che deve trattarsi di crediti sorti in epoca anteriore al trasferimento;

-  che sono da escludersi dal vincolo di solidarietà i debiti previdenziali;

-  che l’alienante può esser liberato dalle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro, attraverso le procedure di cui agli artt. 410 e 411 c.p.c..

- che, nella prassi, si usa spesso convenire la liberazione dell’acquirente, così lasciando le posizioni debitorie in capo al cedente.

                                                         §

12                Il trasferimento di azienda in crisi

Gli ultimi due commi dell’art. 47 L. 428/90 si riferiscono all’ipotesi di trasferimento di una azienda “in crisi”.

Le citate disposizioni sanciscono l’inapplicabilità dell’art. 2112 c.c. alle ipotesi di trasferimento di aziende “in crisi”.

La prima questione che si pone consiste nello stabilire che cosa si debba intendere per “azienda in crisi”.

Nessun problema sussiste con riferimento alle ipotesi di imprese nei confronti delle quali vi sia stato dichiarazione:

a) di fallimento;

b) di omologazione di concordato preventivo consistente nella cessione dei beni;

c) di liquidazione coatta amministrativa;

d) di sottoposizione ad amministrazione straordinaria.

Numerose problematiche sono, invece, insorte con riguardo alle ipotesi di:

I. accertamento dello stato di crisi aziendale ex L. 675/77 (sulla CIG Straordinaria);

II. ammissione alla procedura di concordato preventivo con cessione dei beni.

Per quanto concerne la prima delle ipotesi considerate, sino al giugno del 2009 si riteneva che l’accertamento dello stato di crisi aziendale, effettuato dal CIPI (ora dal Ministero del Lavoro), ai fini del riconoscimento della Cassa Integrazione Straordinaria per “crisi”, costituisse presupposto sufficiente per l’applicazione del penultimo comma dell’art. 47 L. 428/90 e la conseguente disapplicazione dell’art. 2112 c.c. ai lavoratori il cui rapporto di lavoro continua con l’acquirente.

La Corte di Giustizia, però, con la sentenza 11.6.2009, C – 561/07, condannava l’Italia rilevando che la disapplicazione dell’art. 2112 c.c., prevista dall’art. 47, comma 5 e 6 della L. 428/90, non poteva trovare fondamento nella disposizione di cui all’art. 53 della Direttiva 1/23 e, pertanto, non poteva ritenersi conforme alla Direttiva medesima.

Il Legislatore italiano interveniva allora inserendo nel corpo dell’art. 47 L. 428/90 un nuovo comma 4 bis, che, in sostanza, demanda all’Accordo sindacale di fissare i termini e le limitazioni dell’applicazione dell’art. 2112 c.c. qualora il trasferimento riguardi aziende delle quali sia stato accertato lo stato di crisi aziendale.

Con riguardo, invece, alla seconda ipotesi sopra presa in considerazione, va segnalato un recentissimo provvedimento della Corte di Cassazione Sez. Lavoro (n. 7061 del 12 marzo 2019), reso in controversia gestita da questo Studio, nel quale si afferma:

“….. un concordato preventivo liquidatorio fondato sul presupposto di una ‘grave crisi’, indubbiamente integra lo ‘stato di crisi’ nel quale si trova l’imprenditore che ad esso sia ammesso, in quanto nozione inclusiva anche dello stato di insolvenza (art. 160, primo e ultimo comma, L. Fall.);

e si osserva, inoltre, come una siffatta conclusione sia “….. rispettosa della previsione dell’art. 5 della Direttiva 2001/03/CE, ossia della facoltà di modificare, nei trasferimenti d’azienda, le condizioni dei lavoratori intese a salvaguardare le opportunità occupazionali garantendo la sopravvivenza dell’impresa, ‘per quei trasferimenti in cui il cedente sia in una situazione di grave crisi economica quale definita dal diritto nazionale, perché tale situazione sia dichiarata da un’autorità pubblica competente e sia aperta al controllo giudiziario’….”.

Altro aspetto rilevante del trasferimento d’azienda in crisi si riferisce all’ipotesi in cui il mantenimento dell’occupazione sia soltanto parziale, di talchè il trasferimento non riguardi il personale cd. “eccedentario” (pessimo termine) che continua a rimanere alle dipendenze dell’alienante, così come previsto dall’art. 47 L. 428/90.

In tale ipotesi si è posto il problema (di non poco momento, in quanto idoneo ad invalidare gli eventuali successivi licenziamenti intimati dall’alienante) relativo alla scelta dei lavoratori che passano alle dipendenze dell’acquirente e, conseguentemente, di quelli che restano alle dipendenze dell’alienante.

Si è da taluno tentato di sostenere che detta scelta debba esser vincolata dai principi dettati dall’art. 4 e segg. della L. 223/91 (sui licenziamenti collettivi), sia in applicazione dei principi generali di correttezza e buona fede, sia in forza di una estensione analogica.

Tale tesi è stata peraltro categoricamente smentita dalla Corte di Cassazione che nel recentissimo provvedimento sopra richiamato ha così statuito:

…. i principi dettati dagli artt. 4 e ss. della L. 223/1991, e in particolare quelli relativi alla obbligatoria indicazione dei criteri di scelta dei lavoratori da licenziare e delle modalità di applicazione di tali criteri, non si estendono analogicamente alla fattispecie disciplinata dall’art. 47 citato, per la differenza ratio dei due istituti e l’assoluta diversità della disciplina” (Cass. Sez. Lav. n. 7061 del 2019 cit.; conf. Cass. Sez. Lav.19 gennaio 2018 n. 1383).

                                                            §

13                 I termini di impugnazione del trasferimento d’azienda

Prima di concludere questa nostra rassegna, pare utile ricordare che la facoltà di impugnare la cessione del contratto di lavoro avvenuta ai sensi dell’art. 2112 c.c. è stata temporalmente limitata, poiché il cd. Collegato Lavoro estende i termini di decadenza per l’impugnativa del licenziamento (60 gg per l’impugnativa e 180 per il deposito del ricorso) anche al caso del trasferimento d’azienda, con termine decorrente dalla data del trasferimento (art. 32, comma 4, lett. c) Legge 183/2010).

 

Paolo Ferraresi