Giustizia civile: riforma a costo zero in 10 mosse
Difficile che
qualcuno non sia d’accordo sul fatto che il nostro processo civile ordinario è
malato: di lentezza innanzitutto, e di scarsa prevedibilità dei tempi di durata
e di esito, nei vari gradi di giudizio, ed anche delle modalità e cadenze con
cui un giudizio ordinario vedrà il suo concreto svolgimento. Ciò a dispetto dei
vari tentativi di calendarizzazione del processo.
Serve un cambio di
passo, di mentalità e – diciamo pure – di ‘cultura’ dell’operatore di giustizia:
occorre guardare alla Giustizia Civile come servizio primario reso a una
società che corre e cambia veloce, nei diritti fondamentali come nei rapporti familiari,
sociali ed economici. Occorre muoversi verso semplificazione e trasparenza,
ossia comprensibilità delle dinamiche
del processo civile, attraverso l’adozione di regole che siano di certa uniforme
e ricorrente applicazione ed in grado di sveltire, eludere o comunque
semplificare alcuni passaggi nei quali il nostro processo civile usualmente si
inceppa, si allunga, si complica e finisce per non rendere il dovuto servizio
di giustizia.
Giustizia intesa
come risposta chiara e comprensibile, in tempi ragionevoli, poiché una lite
decisa dopo 8/10 in primo grado, o 15/20 in terzo grado di giudizio, e salvi possibili
giudizi di rinvio, è una non risposta, è l’oggettivo fallimento di un intero
sistema.
Ecco 10 punti che
potrebbero cambiare non moltissimo, ma qualcosa certamente si. Non saranno
graditi a gran parte degli avvocati, e ancor meno ai processualisti e ai fini
tessitori del diritto, ma possono costituire
lo stimolo ad un inizio di vero cambiamento.
1. Riduzione a due sole memorie ex art. 183 VI comma c.p.c.
Il VI comma dell’art.
183 c.p.c. va riformato riducendo i termini per le memorie istruttorie da tre a
due:
(i) un primo termine di 30 giorni per
memoria volta sia alla precisazione o
modificazione delle domande eccezioni e conclusioni già proposte, sia per formulare istanze istruttorie e
produzioni documentali a prova diretta;
(ii) un secondo termine di successivi 30
giorni sia per replica alle precisazioni o modificazioni delle domande,
eccezioni o conclusioni che dovessero essere state rese dall’altra parte con la
prima memoria, sia per formulare mezzi istruttori ed effettuare produzioni
documentali a prova contraria.
2. Prove testimoniali nel procedimento di primo grado
Le prove testimoniali, specialmente nelle controversie aventi ad oggetto rapporti commerciali tra imprese o comunque contratti o rapporti obbligatori a contenuto economico, si rivelano per lo più inutili se non dannose ed allungano enormemente i tempi del processo. Oggi, con gli strumenti di comunicazione elettronica (posta elettronica, pec, smartphone, whatsapp, socialmedia, ecc.) è difficile che una relazione contrattuale commerciale o comunque un rapporto obbligatorio non trovino uno sviluppo o riscontro documentale attraverso questi mezzi di quotidiana usuale e immediata comunicazione. Soprattutto, ma non solo, nei rapporti tra imprese, piccole o grandi, tra professionisti, è estremamente improbabile che lo sviluppo della vicenda negoziale non sia dispiegato e ricavabile nella mole di e-mail e di scambi scritti che contraddistinguono sia la fase iniziale della trattativa, sia il perfezionamento del contratto o dell’ordine, sia la fase dell’esecuzione e dell’eventuale controvertere su contenuto, interpretazione, cessazione o risoluzione del rapporto.
Occorre quindi un
ripensamento del mezzo di prova testimoniale nel processo civile, riformando
l’art. 2721 c.c. come di seguito proposto:
“La prova per testimoni dei contratti o dei relativi
rapporti obbligatori non è di regola ammessa. La prova per testimoni può
tuttavia essere ammessa dal Giudice, su istanza di parte, nel caso di mancanza
o insufficienza di elementi di prova scritta, costituiti anche da
corrispondenza o comunicazioni scambiate in via telematica o con mezzi
informatici, tenuto conto della qualità delle parti della natura del contratto
e di ogni altra circostanza.”
3. Capitolato di prova testimoniale
Sempre in tema di
prova testimoniale, l’art. 244 c.p.c. prevede che questa sia “formulata in articoli separati”. Ciò
rende spesso le prove testimoniali inutili perché il Giudice resta vincolato
alla lettura di capitoli separati, così come predisposti dalla parte
richiedente il mezzo, spesso in termini non chiari e non impeccabili. Nella
prassi, di fatto il Giudice è però costretto ad uscire dalla formulazione
letterale del capitolo per poter veramente accertare e comprendere i fatti di
causa.
Si propone quindi
che dall’art. 244 c.p.c. venga eliminato l’inciso “formulate in articoli separati” e sia invece consentita e prevista
l’enunciazione del fatto nei suoi elementi essenziali, lasciando al Giudice la
libertà di chiarirlo con le domande che egli ritenga di formulare al teste
nell’ambito della circostanza dedotta:
“Art. 244 - Modo di deduzione: la prova per testimoni
deve essere dedotta mediante indicazione specifica delle persone da interrogare
e chiara enunciazione dei singoli fatti sui quali ciascuna di esse deve essere
interrogata”.
4. Consulenza Tecnica d’Ufficio
A dispetto del
ristretto ambito di applicazione dell’istituto astrattamente ricavabile
dall’art. 61 c.p.c., l’ammissione di Consulenza Tecnica d’Ufficio è quasi la regola
in ogni procedimento civile, ma allunga di molto i tempi del processo, e spesso
supplisce impropriamente al mancato onere probatorio della parte.
E’ notorio che i
Tribunali tendono ad allargare le maglie delle condizioni di ammissibilità
della Consulenza Tecnica d’Ufficio, demandando spesso al CTU tutta o parte
dell’attività istruttoria, e talvolta anche l’individuazione dei presupposti
della decisione.Il principio dispositivo imporrebbe invece il previo
assolvimento dell’onere gravante sulla parte che richiede il mezzo , anche
attraverso la produzione di una perizia di parte debitamente asseverata
che anticipi e faciliti , focalizzandone
i temi tecnici da esplorare, l’eventuale
successiva CTU.
All’art. 61 c.p.c.
potrebbe essere aggiunto un comma del seguente tenore:
“La nomina del consulente tecnico d’ufficio non può
supplire all’onere probatorio gravante sulla parte. Il Giudice, in presenza di istanza di parte per consulenza tecnica d’ufficio, può, in relazione alle
circostanze, invitare la parte richiedente a produrre preventivamente una
perizia di parte asseverata avente in tutto od in parte l’oggetto della
consulenza tecnica che viene richiesta, fissando a tal fine un termine per
detta produzione.”
5. Ordine di esibizione
L’ordine di
esibizione di documenti o cose può essere uno strumento importante che consente
di superare altre attività istruttorie che allungano di molto il processo, come
appunto le prove testimoniali e la consulenza tecnica d’ufficio.
Attualmente
l’ordine di esibizione di documenti o cose in genere ha dei binari molto
stretti (prova dell’esistenza e indispensabilità del documento, istanza di
parte) che non consentono al Giudice di disporla a fronte dell’opposizione
dell’altra parte.
Il primo comma
dell’art. 210 c.p.c. può essere così riformulato:
“il Giudice, su istanza di parte o d’ufficio, può
ordinare alla parte o a un terzo di esibire in giudizio documenti o altra cosa
di cui ritenga necessaria l’acquisizione al processo, anche al fine di integrare
o chiarire il quadro probatorio agli atti di causa”.
6. Un unico
termine per la proposizione dei mezzi ordinari di gravame (appello e ricorso in
Cassazione)
A parte alcune
norme speciali (provvedimenti camerali, ecc.) il nostro sistema conosce il
doppio termine, sia per l’appello che per il ricorso per Cassazione: (i) il termine breve di 30 giorni
dall’eventuale notifica della sentenza, eseguita a cura di parte, ovvero (ii) il termine lungo di 6 mesi dalla
pubblicazione della sentenza.
Questa duplicità
non ha più ragion d’essere, oggi che la sentenza viene sempre comunicata
telematicamente nella sua interezza dalla Cancelleria. La proposta è quindi
molto semplice: eliminare il termine lungo, unificare il termine ordinario per
l’appello e per il ricorso per Cassazione in un unico termine: 60 giorni dalla
comunicazione via pec al difensore nel domicilio eletto del testo integrale
della sentenza da parte della cancelleria.
In caso di parte
non costituita rimarrà il doppio termine (artt. 325, 326, 327 c.p.c.).
7. Appello: eliminazione delle due tradizionali
udienze
In altri paesi
d’Europa atto di citazione d’appello e comparsa di risposta esauriscono per lo
più gli atti del gravame d’appello, e dopo di questi la causa è trattenuta
direttamente in decisione dalla Corte, semmai con una unica udienza finale di
discussione. Presso le nostre Corti d’Appello Civili, sia l’udienza di prima
comparizione che l’udienza di precisazione delle conclusioni sono
tendenzialmente inutili. Le memorie conclusionali e repliche si limitano per lo
più a reiterare il contenuto degli atti introduttivi. Con salvezza delle
istanze di sospensiva o di altre istanze o adempimenti istruttori o
procedimenti incidentali, il procedimento d’appello potrebbe essere così
rimodulato:
(i) atto di citazione d’appello e
comparsa di costituzione e risposta con eventuale appello incidentale secondo
quanto oggi previso;
(ii) un termine all’appellante principale
di giorni 30 (successivo alla scadenza del termine per la costituzione
dell’appellato) e un consecutivo termine di 30 giorni successivi all’appellato
e/o appellante incidentale per memorie di sola replica;
(iii) la causa resta trattenuta in
decisione della Corte salvo istanza congiunta di entrambe le parti per fissare
l’udienza di discussione (o ad altro fine: es. conciliazione) o qualora la
Corte, d’ufficio o su istanza motivata di una sola delle parti, ritenga
opportuno od utile fissare udienza per chiedere chiarimenti, disporre
l’integrazione del contraddittorio, sollevare questioni rilevabili d’ufficio,
formulare proposta conciliativa, far luogo a discussione orale.
L’istanza di una
singola parte per fissazione d’udienza deve essere motivata e deve essere
proposta a pena di decadenza al più tardi con il termine fissato per la memoria
successiva agli atti introduttivi.
Salve le suddette
eccezioni, la Corte trattiene la causa in decisione, dopo gli atti introduttivi
e le due memorie scambiate, e decide in Camera di Consiglio senza pubblica
udienza.
8. Imposta di registro sulle sentenze
L’imposta di
registro sui provvedimenti giudiziali è per lo più sconosciuta negli altri
paesi europei. La registrazione di provvedimenti giudiziali impegna gli uffici
tributari con l’attività specifica ed è di estremo disagio per gli utenti del
servizio giustizia (la tassazione, benché ormai telematica, viene comunicata direttamente
al cliente dell’avvocato, senza un termine perentorio prefissato e talvolta
anche a distanza di anni, con difficoltà di ricostruire l’oggetto della
comunicazione pervenuta al cliente dall’Agenzia).
Si suggerisce (
con le dovute eccezioni, es. costituzione o trasferimento di diritti reali ) ,
o di abolire l’imposta di registro sugli atti giudiziari o al più di creare un
meccanismo automatico di autoliquidazione dell’imposta a cura della parte più
diligente, ferma la solidarietà tra le parti, attraverso una griglia che
potrebbe coincidere con gli importi del Contributo Unificato versato o comunque
dovuto, o multiplo dello stesso. Ciò
libererebbe gli uffici da una attività ad hoc, che sicuramente impegna e ha dei
costi per l’erario, renderebbe più immediato e facile e sicuro l’incasso
dell’imposta (stante il meccanismo dell’autoliquidazione su importi
predefiniti, pari al contributo unificato o suo multiplo), faciliterebbe
l’accertamento e il recupero del non versato, libererebbe l’utente del servizio
giustizia, che già ha scontato le lungaggini e i disservizi del processo, da
questo oneroso e vessatorio incombente.
9. Digitalizzazione e trasparenza
Implementare,
estendere e portare a compimento l’intera digitalizzazione del processo civile,
estendendola a tutto ciò che oggi non è ancora completamente informatizzato (ad
es. Corte di Cassazione), ma soprattutto estendendo la giustizia digitale ai
residui adempimenti di cancelleria che ancora impongono accessi fisici, marche
da bollo, richieste, attese allo sportello, ecc. (in tal senso, è da accogliere
positivamente la formula esecutiva telematica, introdotta dalla L. n. 176/2020
di conversione del D.L. n. 137/2020 cd. ‘Ristori’).
Ugualmente dicasi
per gli adempimenti con gli Ufficiali Giudiziari: gli atti potrebbero essere
trasmessi telematicamente e altrettanto dicasi per tutti i pagamenti (conto
corrente o deposito dedicato presso gli Ufficiali Giudiziari o altro, non più ,
come tuttora , il pagamento in contanti
…).
Questo, in era
Covid, ma non solo, per ridurre movimenti di persone, contatti, accessi, code,
spreco di tempi e di risorse ormai da tagliare.
Sulla stessa
linea, tutte le amministrazioni devono essere trasparenti e accessibili nel
dialogo ‘in chiaro’ con gli operatori di giustizia: l’Avvocato, sempre
contattabile via pec, deve poter contattare e interloquire con i vari uffici
dell’amministrazione giudiziaria non solo attraverso le pec centralizzate per ogni
Ufficio Giudiziario, ma attraverso pec o e.mail per ciascuna Sezione o
dirigente di cancelleria con cui poter dialogare fattivamente a mezzo posta
elettronica , per lo scopo comune di
economia di tempi e risorse.
Gli Avvocati
devono fare la loro parte, l’amministrazione pubblica la propria, fornendo con tempestività
ed efficienza le risposte e i servizi che ad essa competono.
10. Prescrizione ordinaria
E’ decennale il
termine di prescrizione ordinaria nei diritti in campo civile (art. 2946 c.c.).
Esso può essere interrotto, senza limiti, con una semplice lettera di diffida
(art. 2943, u.c., c.c.). Ciò determina che i rapporti possono restare pendenti
per oltre un decennio, o per più decenni addirittura, ed essere poi riattivati
con l’azione giudiziale promossa anche a molta distanza di tempo, più o meno
strumentalmente, ponendo la parte convenuta financo nella difficoltà di
ricostruire la vicenda e gli elementi a difesa.
Si propone di
ridurre e unificare il termine ordinario decennale a 5 anni (art. 2946 c.c.),
con l’interruzione come oggi prevista, ma per far da essa decorrere un solo
altro termine quinquennale: il diritto si estinguerà allo scadere dei 10 anni,
anche in presenza di più atti interruttivi, qualora non venga promossa l’azione
giudiziale o arbitrale a tutela del diritto entro il decennio dalla iniziale decorrenza
della prescrizione.
Gennaio 2021
Guido Piccione