Giustizia civile: riforma a costo zero in 10 mosse
11 gennaio, 2021

Giustizia civile: riforma a costo zero in 10 mosse

Difficile che qualcuno non sia d’accordo sul fatto che il nostro processo civile ordinario è malato: di lentezza innanzitutto, e di scarsa prevedibilità dei tempi di durata e di esito, nei vari gradi di giudizio, ed anche delle modalità e cadenze con cui un giudizio ordinario vedrà il suo concreto svolgimento. Ciò a dispetto dei vari tentativi di calendarizzazione del processo.

Serve un cambio di passo, di mentalità e – diciamo pure – di ‘cultura’ dell’operatore di giustizia: occorre guardare alla Giustizia Civile come servizio primario reso a una società che corre e cambia veloce, nei diritti fondamentali come nei rapporti familiari, sociali ed economici. Occorre muoversi verso semplificazione e trasparenza, ossia comprensibilità  delle dinamiche del processo civile, attraverso l’adozione di regole che siano di certa uniforme e ricorrente applicazione ed in grado di sveltire, eludere o comunque semplificare alcuni passaggi nei quali il nostro processo civile usualmente si inceppa, si allunga, si complica e finisce per non rendere il dovuto servizio di giustizia.

Giustizia intesa come risposta chiara e comprensibile, in tempi ragionevoli, poiché una lite decisa dopo 8/10 in primo grado, o 15/20 in terzo grado di giudizio, e salvi possibili giudizi di rinvio, è una non risposta, è l’oggettivo fallimento di un intero sistema.

Ecco 10 punti che potrebbero cambiare non moltissimo, ma qualcosa certamente si. Non saranno graditi a gran parte degli avvocati, e ancor meno ai processualisti e ai fini tessitori del diritto, ma possono  costituire lo stimolo ad un inizio di vero cambiamento.

 

1. Riduzione a due sole memorie ex art. 183 VI comma c.p.c.

Il VI comma dell’art. 183 c.p.c. va riformato riducendo i termini per le memorie istruttorie da tre a due:

(i) un primo termine di 30 giorni per memoria volta sia alla precisazione o modificazione delle domande eccezioni e conclusioni già proposte, sia per formulare istanze istruttorie e produzioni documentali a prova diretta;

(ii) un secondo termine di successivi 30 giorni sia per replica alle precisazioni o modificazioni delle domande, eccezioni o conclusioni che dovessero essere state rese dall’altra parte con la prima memoria, sia per formulare mezzi istruttori ed effettuare produzioni documentali a prova contraria.

 

2. Prove testimoniali nel procedimento di primo grado

Le prove testimoniali, specialmente nelle controversie aventi ad oggetto rapporti commerciali tra imprese o comunque contratti o rapporti obbligatori a contenuto economico, si rivelano per lo più inutili se non dannose ed allungano enormemente i tempi del processo. Oggi, con gli strumenti di comunicazione elettronica (posta elettronica, pec, smartphone, whatsapp, socialmedia, ecc.) è difficile che una relazione contrattuale commerciale o comunque un rapporto obbligatorio non trovino uno sviluppo o riscontro documentale attraverso questi mezzi di quotidiana usuale e immediata comunicazione. Soprattutto, ma non solo, nei rapporti tra imprese, piccole o grandi, tra professionisti, è estremamente improbabile che lo sviluppo della vicenda negoziale non sia dispiegato e ricavabile nella mole di e-mail e di scambi scritti che contraddistinguono sia la fase iniziale della trattativa, sia il perfezionamento del contratto o dell’ordine, sia la fase dell’esecuzione e dell’eventuale controvertere su contenuto, interpretazione, cessazione o risoluzione del rapporto.

Occorre quindi un ripensamento del mezzo di prova testimoniale nel processo civile, riformando l’art. 2721 c.c. come di seguito proposto:

La prova per testimoni dei contratti o dei relativi rapporti obbligatori non è di regola ammessa. La prova per testimoni può tuttavia essere ammessa dal Giudice, su istanza di parte, nel caso di mancanza o insufficienza di elementi di prova scritta, costituiti anche da corrispondenza o comunicazioni scambiate in via telematica o con mezzi informatici, tenuto conto della qualità delle parti della natura del contratto e di ogni altra circostanza.”

 

3. Capitolato di prova testimoniale

Sempre in tema di prova testimoniale, l’art. 244 c.p.c. prevede che questa sia “formulata in articoli separati”. Ciò rende spesso le prove testimoniali inutili perché il Giudice resta vincolato alla lettura di capitoli separati, così come predisposti dalla parte richiedente il mezzo, spesso in termini non chiari e non impeccabili. Nella prassi, di fatto il Giudice è però costretto ad uscire dalla formulazione letterale del capitolo per poter veramente accertare e comprendere i fatti di causa.

Si propone quindi che dall’art. 244 c.p.c. venga eliminato l’inciso “formulate in articoli separati” e sia invece consentita e prevista l’enunciazione del fatto nei suoi elementi essenziali, lasciando al Giudice la libertà di chiarirlo con le domande che egli ritenga di formulare al teste nell’ambito della circostanza dedotta:

“Art. 244 - Modo di deduzione: la prova per testimoni deve essere dedotta mediante indicazione specifica delle persone da interrogare e chiara enunciazione dei singoli fatti sui quali ciascuna di esse deve essere interrogata”.

 

4. Consulenza Tecnica d’Ufficio

A dispetto del ristretto ambito di applicazione dell’istituto astrattamente ricavabile dall’art. 61 c.p.c., l’ammissione di Consulenza Tecnica d’Ufficio è quasi la regola in ogni procedimento civile, ma allunga di molto i tempi del processo, e spesso supplisce impropriamente al mancato onere probatorio della parte.

E’ notorio che i Tribunali tendono ad allargare le maglie delle condizioni di ammissibilità della Consulenza Tecnica d’Ufficio, demandando spesso al CTU tutta o parte dell’attività istruttoria, e talvolta anche l’individuazione dei presupposti della decisione.Il principio dispositivo imporrebbe invece il previo assolvimento dell’onere gravante sulla parte che richiede il mezzo , anche attraverso la produzione di una perizia di parte debitamente asseverata che  anticipi e faciliti , focalizzandone i temi tecnici da esplorare,  l’eventuale successiva CTU.

All’art. 61 c.p.c. potrebbe essere aggiunto un comma del seguente tenore:

“La nomina del consulente tecnico d’ufficio non può supplire all’onere probatorio gravante sulla parte. Il Giudice, in presenza di istanza di parte per consulenza tecnica d’ufficio, può, in relazione alle circostanze, invitare la parte richiedente a produrre preventivamente una perizia di parte asseverata avente in tutto od in parte l’oggetto della consulenza tecnica che viene richiesta, fissando a tal fine un termine per detta produzione.”

 

5. Ordine di esibizione

L’ordine di esibizione di documenti o cose può essere uno strumento importante che consente di superare altre attività istruttorie che allungano di molto il processo, come appunto le prove testimoniali e la consulenza tecnica d’ufficio.

Attualmente l’ordine di esibizione di documenti o cose in genere ha dei binari molto stretti (prova dell’esistenza e indispensabilità del documento, istanza di parte) che non consentono al Giudice di disporla a fronte dell’opposizione dell’altra parte.

Il primo comma dell’art. 210 c.p.c. può essere così riformulato:

“il Giudice, su istanza di parte o d’ufficio, può ordinare alla parte o a un terzo di esibire in giudizio documenti o altra cosa di cui ritenga necessaria l’acquisizione al processo, anche al fine di integrare o chiarire il quadro probatorio agli atti di causa”.

   

6. Un unico termine per la proposizione dei mezzi ordinari di gravame (appello e ricorso in Cassazione)

A parte alcune norme speciali (provvedimenti camerali, ecc.) il nostro sistema conosce il doppio termine, sia per l’appello che per il ricorso per Cassazione: (i) il termine breve di 30 giorni dall’eventuale notifica della sentenza, eseguita a cura di parte, ovvero (ii) il termine lungo di 6 mesi dalla pubblicazione della sentenza.

Questa duplicità non ha più ragion d’essere, oggi che la sentenza viene sempre comunicata telematicamente nella sua interezza dalla Cancelleria. La proposta è quindi molto semplice: eliminare il termine lungo, unificare il termine ordinario per l’appello e per il ricorso per Cassazione in un unico termine: 60 giorni dalla comunicazione via pec al difensore nel domicilio eletto del testo integrale della sentenza da parte della cancelleria.

In caso di parte non costituita rimarrà il doppio termine (artt. 325, 326, 327 c.p.c.).

 

7. Appello: eliminazione delle due tradizionali udienze

In altri paesi d’Europa atto di citazione d’appello e comparsa di risposta esauriscono per lo più gli atti del gravame d’appello, e dopo di questi la causa è trattenuta direttamente in decisione dalla Corte, semmai con una unica udienza finale di discussione. Presso le nostre Corti d’Appello Civili, sia l’udienza di prima comparizione che l’udienza di precisazione delle conclusioni sono tendenzialmente inutili. Le memorie conclusionali e repliche si limitano per lo più a reiterare il contenuto degli atti introduttivi. Con salvezza delle istanze di sospensiva o di altre istanze o adempimenti istruttori o procedimenti incidentali, il procedimento d’appello potrebbe essere così rimodulato:

(i) atto di citazione d’appello e comparsa di costituzione e risposta con eventuale appello incidentale secondo quanto oggi previso;

(ii) un termine all’appellante principale di giorni 30 (successivo alla scadenza del termine per la costituzione dell’appellato) e un consecutivo termine di 30 giorni successivi all’appellato e/o appellante incidentale per memorie di sola replica;

(iii) la causa resta trattenuta in decisione della Corte salvo istanza congiunta di entrambe le parti per fissare l’udienza di discussione (o ad altro fine: es. conciliazione) o qualora la Corte, d’ufficio o su istanza motivata di una sola delle parti, ritenga opportuno od utile fissare udienza per chiedere chiarimenti, disporre l’integrazione del contraddittorio, sollevare questioni rilevabili d’ufficio, formulare proposta conciliativa, far luogo a discussione orale.

L’istanza di una singola parte per fissazione d’udienza deve essere motivata e deve essere proposta a pena di decadenza al più tardi con il termine fissato per la memoria successiva agli atti introduttivi.

Salve le suddette eccezioni, la Corte trattiene la causa in decisione, dopo gli atti introduttivi e le due memorie scambiate, e decide in Camera di Consiglio senza pubblica udienza.

 

8. Imposta di registro sulle sentenze

L’imposta di registro sui provvedimenti giudiziali è per lo più sconosciuta negli altri paesi europei. La registrazione di provvedimenti giudiziali impegna gli uffici tributari con l’attività specifica ed è di estremo disagio per gli utenti del servizio giustizia (la tassazione, benché ormai telematica, viene comunicata direttamente al cliente dell’avvocato, senza un termine perentorio prefissato e talvolta anche a distanza di anni, con difficoltà di ricostruire l’oggetto della comunicazione pervenuta al cliente dall’Agenzia).

Si suggerisce ( con le dovute eccezioni, es. costituzione o trasferimento di diritti reali ) , o di abolire l’imposta di registro sugli atti giudiziari o al più di creare un meccanismo automatico di autoliquidazione dell’imposta a cura della parte più diligente, ferma la solidarietà tra le parti, attraverso una griglia che potrebbe coincidere con gli importi del Contributo Unificato versato o comunque dovuto, o  multiplo dello stesso. Ciò libererebbe gli uffici da una attività ad hoc, che sicuramente impegna e ha dei costi per l’erario, renderebbe più immediato e facile e sicuro l’incasso dell’imposta (stante il meccanismo dell’autoliquidazione su importi predefiniti, pari al contributo unificato o suo multiplo), faciliterebbe l’accertamento e il recupero del non versato, libererebbe l’utente del servizio giustizia, che già ha scontato le lungaggini e i disservizi del processo, da questo oneroso e vessatorio incombente.

 

9. Digitalizzazione e trasparenza

Implementare, estendere e portare a compimento l’intera digitalizzazione del processo civile, estendendola a tutto ciò che oggi non è ancora completamente informatizzato (ad es. Corte di Cassazione), ma soprattutto estendendo la giustizia digitale ai residui adempimenti di cancelleria che ancora impongono accessi fisici, marche da bollo, richieste, attese allo sportello, ecc. (in tal senso, è da accogliere positivamente la formula esecutiva telematica, introdotta dalla L. n. 176/2020 di conversione del D.L. n. 137/2020 cd. ‘Ristori’).

Ugualmente dicasi per gli adempimenti con gli Ufficiali Giudiziari: gli atti potrebbero essere trasmessi telematicamente e altrettanto dicasi per tutti i pagamenti (conto corrente o deposito dedicato presso gli Ufficiali Giudiziari o altro, non più , come  tuttora , il pagamento in contanti …).

Questo, in era Covid, ma non solo, per ridurre movimenti di persone, contatti, accessi, code, spreco di tempi e di risorse ormai da tagliare.

Sulla stessa linea, tutte le amministrazioni devono essere trasparenti e accessibili nel dialogo ‘in chiaro’ con gli operatori di giustizia: l’Avvocato, sempre contattabile via pec, deve poter contattare e interloquire con i vari uffici dell’amministrazione giudiziaria non solo attraverso le pec centralizzate per ogni Ufficio Giudiziario, ma attraverso pec o e.mail per ciascuna Sezione o dirigente di cancelleria con cui poter dialogare fattivamente a mezzo posta elettronica , per lo scopo comune  di economia di tempi e risorse.

Gli Avvocati devono fare la loro parte, l’amministrazione pubblica la propria, fornendo con tempestività ed efficienza le risposte e i servizi che ad essa competono.

 

10. Prescrizione ordinaria

E’ decennale il termine di prescrizione ordinaria nei diritti in campo civile (art. 2946 c.c.). Esso può essere interrotto, senza limiti, con una semplice lettera di diffida (art. 2943, u.c., c.c.). Ciò determina che i rapporti possono restare pendenti per oltre un decennio, o per più decenni addirittura, ed essere poi riattivati con l’azione giudiziale promossa anche a molta distanza di tempo, più o meno strumentalmente, ponendo la parte convenuta financo nella difficoltà di ricostruire la vicenda e gli elementi a difesa.

Si propone di ridurre e unificare il termine ordinario decennale a 5 anni (art. 2946 c.c.), con l’interruzione come oggi prevista, ma per far da essa decorrere un solo altro termine quinquennale: il diritto si estinguerà allo scadere dei 10 anni, anche in presenza di più atti interruttivi, qualora non venga promossa l’azione giudiziale o arbitrale a tutela del diritto entro il decennio dalla iniziale decorrenza della prescrizione.

 

Gennaio 2021


 

Guido Piccione