Emergenza Covid-19 e canoni di locazione
L’attuale emergenza sanitaria, che ha investito tutto il mondo, ha avuto immediate ripercussioni sul fronte del pagamento dei canoni di locazione per quelle attività sospese dai provvedimenti governativi o comunque per tutte le attività che, dal rispetto delle misure restrittive, subiscono una rilevante contrazione del proprio fatturato.
Leggiamo ogni giorno sulla stampa questo tipo di problematiche sulle quali quotidianamente ci interrogano anche i nostri clienti.
L’intento
del presente articolo è quello di dare un quadro di sintesi, senza alcuna
pretesa di esaustivita’.
Il nostro ordinamento prevede due norme a tutela del debitore nel caso in cui
la sua prestazione diventi impossibile od eccessivamente onerosa.
Il primo caso e’ disciplinato dall’art. 1256 c.c. che prevede che la prestazione si estingue quando, per causa non imputabile al debitore, diventa impossibile. Inoltre la norma prevede che, se l’impossibilità è temporanea, finché perdura, il debitore non è responsabile del ritardo nell’adempimento.
In
assenza di pronunzie giurisprudenziali sul tema, troppo recente, i primi
commentatori della problematica ritengono che tale norma ponga al riparo il
conduttore dall’inadempimento del pagamento dei canoni di locazione laddove
l’attività dallo stesso esercitata rientri tra quelle sospese dai provvedimenti
governativi. E ciò anche se, a stretto rigore, le obbligazioni di denaro non
sarebbero mai impossibili, ma lo scenario è di tale assoluta straordinarietà ed
imprevedibilità, che non può essere esclusa l’applicazione della norma
richiamata tanto più alla luce dell’art. 91 del DPCM 17 marzo 2020. Con questa
disposizione, pur di portata generale ed indeterminata, si è voluto sancire che
il rispetto delle varie misure di contenimento deve essere sempre valutato ai
fini dell’esclusione, ai sensi ed ai fini degli artt. 1218 e 1223 c.c., della
responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali
decadenze o penali connesse a ritardati o omessi pagamenti.
Ora il combinato disposto di questa disposizione con le norme dalla stessa
richiamate (in tema di risarcimento del danno da parte del debitore ex artt.
1218 e 1223 c.c.) e con la norma dell’art. 1256 c.c. fa ritenere possibile che
il conduttore invochi l’impossibilità sopravvenuta della prestazione per
richiedere la sospensione dell’obbligazione di pagamento del canone per il
periodo in cui il rispetto delle misure restrittive gli impone il blocco
dell’attività. Si potrebbe quindi ricadere nell’ipotesi di impossibilità
temporanea della prestazione per ordine dell’Autorita’ e legittimamente
sospendere temporaneamente il pagamento del canone di locazione.
Ciò detto, in uno scenario quale quello attuale che vede ‘chiusi’ i Tribunali
così come gli organismi deputati alla risoluzione delle controversie, è
comunque consigliabile raggiungere un accordo con il locatore che elimini in
radice qualsiasi strascico giudiziale, cercando di raggiungere un riequilibrio
delle prestazioni corrispettive che tuteli e contemperi gli interessi di
entrambe le parti contrattuali.
Per quanto riguarda invece le attività non sospese, ma il cui fatturato subisce una forte riduzione a causa ed in dipendenza delle misure di contenimento emanate dal Governo (si pensi ad una società di ricerca e di eventi che si vede impossibilità a tenere i consueti forum annuali su determinate tematiche; agli studi professionali la cui attività risente direttamente del fermo dell’economia e del corto circuito della liquidità; ecc.), è da ritenere che possa essere invocato l’art. 1467 c.c. che contempla l’istituto della eccessiva onerosità sopravvenuta nei contratti con prestazioni corrispettive ad esecuzione continuata o periodica. Secondo questa previsione legislativa, qualora la prestazione di una parte, per eventi imprevedibili e straordinari, sia divenuta eccessivamente onerosa, può essere chiesta la risoluzione del contratto.
L’ultimo comma della norma aggiunge che la parte contro la quale è chiesta la risoluzione, può evitarla, offrendo di modificare equamente le condizioni di contratto. E torniamo quindi all’opportunità, già segnalata, di rivenire un accordo tra conduttore e locatore che tenga conto di tutte le circostanze attuali tali, per la loro natura straordinaria ed imprevedibile, da stravolgere la norma alea del contratto.
Alla
possibile e naturale eccezione del locatore, relativa al fatto che lui comunque
mette a disposizione i locali e non si vede remunerata la propria prestazione,
si potrebbe opporre che non potrebbe comunque dimostrare un danno (che invece di certo subisce il
conduttore), in quanto dovrebbe provare che altro soggetto sul mercato gli
avrebbe garantito l’adempimento della
controprestazione , ciò che nello scenario attuale pare una probatio
diabolica...
Oltre agli aspetti civilistici, vi sono quelli
fiscali che andranno pure
approfonditi con il commercialista. Si
pensi all’ipotesi in cui il conduttore venga riconosciuto aver legittimamente
sospeso il pagamento dei canoni per i mesi di blocco della sua attività, ed il
locatore abbia invece emesso le fatture del canone con il versamento dell’IVA.
Uno dei tanti aspetti che rendono imprescindibile coniugare gli aspetti
civilistici con quelli fiscali.
Infine,
un cenno all’onere della prova. È corretto ritenere che dovrà essere il
conduttore a fornire la prova che la sua attività rientra tra quelle sospese,
così come che la contrazione di fatturato (nel caso diverso dal blocco
dell’attività) sia strettamente correlata e dipendente dalle misure di
contenimento adottate dal Governo. Ciò ad evitare soprusi da parte del
conduttore in danno del locatore, che si potrebbero configurare laddove la
eccessiva onerosità od anche l’impossibilità sopravvenuta non dipenda dalle
misure Covid 19, ma da fatto proprio imputabile al conduttore.
Alessandra Buzzavo
Aprile 2020




