Domanda di Concordato Preventivo cd. ‘in bianco’
25 marzo, 2021

Domanda di Concordato Preventivo cd. ‘in bianco’

Alcune considerazioni, dal lato del creditore, sull’istituto

La riforma del 2012 (D.L. 83/2012, conv. in L. 134/2012) ha introdotto l’istituto, prima sconosciuto, della domanda di concordato preventivo “con riserva” (art. 163 sesto comma Legge Fallimentare): l’imprenditore deposita la domanda di concordato ma si riserva di presentare la proposta ai creditori entro un termine compreso tra sessanta e centoventi giorni, prorogabile di ulteriori sessanta. In sostanza, l’impresa chiede di essere ammessa alla procedura di concordato preventivo, ma si riserva di elaborare il piano (come realizzare l’attivo, come soddisfare i creditori) in un termine che può arrivare sino a un massimo, proroga inclusa, di sei mesi (giorni centottanta).

 

Questo è oggi lo strumento largamente prevalente per l’accesso alla procedura di concordato, in quanto presenta per l’imprenditore una serie di vantaggi:

v     ottenere, con la semplice domanda corredata di bilanci ed elenco dei creditori, una sorta di immediata moratoria, e cioè un ombrello che preclude ai creditori qualsiasi azione, esecutiva o cautelare, sui beni della propria impresa;

v      consente all’impresa un tempo piuttosto ampio per predisporre il piano;

v    consente all’impresa di continuare a svolgere le attività di ordinaria amministrazione, sia pure sotto la vigilanza di un Commissario nominato dal Tribunale (essenzialmente con il compito di vigilare che non siano compiuti atti pregiudizievoli ai creditori anteriori), depositando con periodicità almeno mensile la situazione patrimoniale e finanziaria dell’impresa, sottoposta alla verifica del Commissario Giudiziale e pubblicata nel Registro delle Imprese.

 

Nel tempo della cosiddetta ‘riserva’ (da un minimo di sessanta sino ad un massimo di centottanta giorni) l’imprenditore insolvente può ricercare le opportunità di allocazione degli assets, classificare i debiti, mettere a punto il piano concordatario che dovrà essenzialmente articolarsi tra la fotografia del passivo, attraverso la figura di un professionista attestatore indipendente, ed il previsto realizzo e la ripartizione dell’attivo tra i creditori, secondo il grado di privilegio e le classificazioni previste dal piano medesimo. Il piano e la proposta di pagamento offerta ai creditori saranno poi sottoposti alla valutazione di legittimità e fattibilità da parte del Tribunale ed alla approvazione dei creditori medesimi, il cui voto avrà un peso proporzionale all’ammontare del credito dagli stessi vantato verso l’impresa: entrambi detti passaggi sono determinanti per la successiva approvazione e omologazione del concordato preventivo.

 

Se dal lato dell’impresa insolvente l’intervallo di tempo che il Tribunale accorda per la presentazione del piano costituisce un elemento quasi vitale per poter approdare ad una proposta da formulare ai creditori, dal lato del creditore (sia esso fornitore, privilegiato o chirografario), l’utilizzo diffuso di questo strumento presenta una serie di risvolti negativi:

v  il creditore, siano i relativi crediti già scaduti o a scadere durante la moratoria della riserva, è paralizzato nello svolgere qualsiasi azione di recupero: il suo credito è per così dire ‘congelato’, ‘frozen’;

v     egli non ha immediata comunicazione su ciò che accade dal lato del debitore, se non volontariamente fornita (di rado) dall’impresa che presenta la domanda di concordato;

v    egli è costretto a rimanere in attesa, non avendo accesso né al piano che sarà in corso di elaborazione durante i mesi della riserva, né ai dati dell’andamento della situazione finanziaria dell’impresa durante i mesi suddetti, né avendo un diritto di ricevere trasparente informazione dal Commissario e/o dagli organi gestori/amministrativi dell’impresa;

v   nel contempo, il creditore dovrà comunque registrare una situazione di incertezza e rischio sull’esigibilità del credito, il quale resta comunque sospeso e, appunto, ‘congelato’ in attesa della presentazione del piano e delle conseguenti valutazioni da parte del Tribunale;

v    il creditore non ha sostanzialmente strumenti di difesa di fronte a questo “muro di riservatezza” legittimamente eretto dal creditore, ma deve subire i tempi di una semplice attesa di incerto esito.

 

La situazione poi, sempre vista dal lato del creditore, con riguardo all’impresa insolvente che ha iniziato la strada concordataria, appare di costante incertezza su ciò che potrà accadere: il piano verrà tempestivamente presentato? presenterà davvero i requisiti di legge? il Tribunale lo ammetterà o richiederà chiarimenti o precisazioni? il Commissario che sarà nominato lo valuterà favorevolmente o meno? quale percentuale sarà offerta ai creditori e quali i costi prededucibili e i privilegiati? quale sarà quindi la possibilità di realizzo del credito?

 

Non ultimo, accade pure di frequente che il piano non venga presentato, e la domanda venga ritirata. Accade addirittura che ne venga presentata un’altra successiva: il Tribunale Fallimentare non ha infatti potere di dichiarare d’ufficio il fallimento, in caso di mancata presentazione o mancata ammissione al concordato preventivo, in quanto la relativa iniziativa è demandata al Pubblico Ministero ed ai singoli creditori, che spesso sono renitenti, per varie ragioni, a percorrerla, preferendo siano altri ad agire.

 

Insomma, un istituto, quello del concordato preventivo ‘con riserva’ o ‘in bianco’, introdotto per  giustificati motivi dal D.L. 83/2012 (consentire un maggiore accesso alla procedura concordataria attraverso l’utilizzo di un tempo tecnico sorvegliato per predisporre e presentare il piano) che però presenta indubbie smagliature, essenzialmente in danno dei creditori dell’impresa in difficoltà, ed assicura talvolta una protezione ingiustificata, ed ingiustamente prolungata, al debitore impresa insolvente.

 

Marzo 2021

 

Chiara Martin