COME AFFRONTARE IL GENERALE AUMENTO DEI PREZZI DELLE MATERIE PRIME?
Il fenomeno
Una
problematica d’impatto sempre più rilevante riguarda, ormai da molti mesi, imprese
di moltissimi settori: è l’incremento generalizzato e consistente del costo
delle materie prime.
È
un problema che si aggiunge, ma allo stesso tempo si ricollega, agli effetti
della pandemia: le chiusure dovute al lockdown del 2020, in ogni settore
industriale e commerciale in tutto il mondo (pensiamo agli impianti
estrattivi), hanno generato scarsità di offerta.
Ed
è, secondo quanto emerso dall’ultimo rapporto Ocse dello scorso dicembre,
esploso nell’autunno 2020 a causa dell’improvviso incremento della domanda in
alcuni settori (su tutti, quello delle costruzioni) avvenuto in Cina e poi
negli USA (paesi che per primi hanno visto una ripresa economica dopo le
restrizioni): ciò ha innescato un effetto al rialzo a livello mondiale.
All’aumento
dei prezzi si è poi aggiunta una loro fisiologica minore disponibilità, con
tempi di consegna dilatati in misura imprevista.
In
particolare, ad aver registrato il maggior incremento di prezzo sono
soprattutto i metalli di base, ferrosi e non (segnalati da oltre il 30% delle
imprese italiane). A marzo 2021 i loro prezzi su base annua sono cresciuti del
65%, e si sono alzate le tensioni sui prezzi delle importazioni di minerali non
metalliferi (da settembre 2020 a gennaio 2021, i valori medi unitari sono
saliti del 50%).
L’acciaio
(+70% a fine 2020, rispetto ai dati di marzo) e il ferro sono i metalli che
hanno visto l’incremento maggiore, seguiti dal rame. E poi nichel (+51%), zinco
(+51%) e alluminio (+26%).
Seguono
poi i prodotti chimici di base, i solventi, i polimeri per le materie plastiche
ed altri materiali di riferimento per l'industria manifatturiera, quali
l'etilene, il polipropilene e il PVC (i cui prezzi sono aumentati,
rispettivamente, del 58%, 34% e 42%).
L’aumento
riguarda anche il legno, con fenomeni anche peculiari, come la rivendita
dall’Austria a prezzi maggiorati di prodotti realizzati col materiale
proveniente dai boschi devastati dalla tempesta “Vaia” del 2019.
Insomma
tutti i materiali di primaria
importanza per moltissimi ambiti, tra cui l’edilizia e la filiera del
legno-arredo, costano di più e sono reperibili sempre più difficilmente.
La portata del problema e
le sue possibili cause
La
rilevanza globale del problema si riflette, per così dire “circolarmente”,
sulle misure adottate per favorire la ripresa dell’economia dei Paesi.
In
Italia l’ANCE (Associazione Nazionale Costruttori Edili) teme infatti che
questi eccezionali rincari possano, in assenza di interventi tempestivi,
frenare gli interventi già in corso e mettere a rischio quelli previsti
dal Recovery Plan. La stessa, poi, quanto alle cause del fenomeno, contesta la tesi secondo cui il crescente
utilizzo del “Superbonus” contribuisca a generare gli aumenti:
l’agevolazione, si sostiene, ha prodotto i primi effetti concreti sul mercato solo
dal febbraio scorso, quando gli aumenti dei materiali erano già avvenuti. E
precisa che aumenti di prezzo si
sono visti anche in altri settori industriali, ad esempio l’automotive. I fenomeni di rialzo dei
prezzi dei materiali “coinvolgono anche i
mercati internazionali, e non sono, quindi, collegati a dinamiche interne al
mercato italiano”, ma piuttosto a turbolenze e criticità a livello
internazionale.
Che
l’allarme riguardi molti settori è confermato ad esempio dalla patologica
carenza di microchip, necessari praticamente in ogni applicazione (pensiamo ai
PC e alla loro forte domanda, dovuta allo smart working e alla DAD). Per la
costruzione di veicoli, ad esempio, l’impatto è stato così forte da costringere
grandi gruppi dell’automotive a
fermare la produzione in alcuni stabilimenti (Stellantis a Melfi, Volkswagen in
Belgio, General Motors e Ford negli USA).
Altro
comparto duramente colpito dal problema è quello delle aziende di
elettrodomestici, in cui le componenti elettroniche sono fondamentali.
Quanto
alle cause, alcuni sostengono che la pandemia non sia la sola: anche la
situazione generata dal blocco del Canale di Suez di alcune settimane fa ha
creato un surplus di domanda (cioè oltre quello riferito ai materiali stoccati
nelle navi che erano rimaste bloccate).
Tra
gli industriali, c’è chi ha parlato di “tempesta perfetta”, in cui hanno
converso più fattori scatenanti.
Che
la causa sia multiforme e multisettoriale è testimoniato anche dall’aumento dei
prezzi internazionali dei cereali, cresciuti, secondo quanto rilevato dalla
Coldiretti, del 36,6% sullo stesso mese dell’anno precedente. Rispetto all’anno
2020, anche i prodotti lattiero-caseari sono saliti (del 28%), e le quotazioni
della carne hanno pure visto un balzo (+10%).
Tanto
che i prezzi delle materie prime agricole hanno raggiunto a livello mondiale il
massimo da quasi dieci anni, trainati dalle quotazioni in forte aumento per oli
vegetali, zucchero e cereali: a maggio 2021 hanno raggiunto, sulla base
dell’Indice Fao, il valore massimo dal settembre 2011.
E
pertanto è atteso un aumento anche dei prezzi dei prodotti alimentari.
La
fenomenologia è dunque diffusa, e trasversale a tutti i mercati e settori.
Che cosa si può fare nel
concreto?
L’impennata
dei costi delle materie prime rischia di provocare un effetto dirompente sui
costi sopportati dalle imprese per l’acquisto di beni necessari alla produzione
o comunque da destinare alle lavorazioni.
Il
rincaro comporta il rischio di comprimere i margini di guadagno, o addirittura
la possibilità di ritenere più conveniente fermare momentaneamente l’attività e
rinunciare a lavorare e a vendere, in attesa di iniziative per rimettere in equilibrio anzitutto domanda e offerta, e poi i rapporti tra
le parti del contratto (ad esempio, committente e appaltatore).
Moltissime
aziende, anche del tessuto produttivo del Nordest, affidatarie di commesse
pubbliche e private, con conseguenti opportunità di lavoro e ripresa, stanno
trovando sempre maggiore difficoltà.
Che
fare dunque, e cosa è stato fatto sinora?
Da
un punto di vista strettamente giuridico, l’incremento dei prezzi costituisce
variazione di uno degli elementi caratterizzanti il contratto (ad es., in un
appalto, il prezzo dovuto dal committente all’appaltatore). Trattasi di un
fatto sopravvenuto, dai tratti peculiari e le cui conseguenze le parti spesso
non hanno disciplinato in contratto.
In
mancanza di un accordo tra le parti per
la modifica, anche solo temporanea, delle condizioni contrattuali (motivata
dal sopraggiunto straordinario e del tutto imprevedibile incremento dei prezzi
delle materie prime necessarie alla commessa, dalle connesse difficoltà di
approvvigionamento, dalla necessità che i lavori non siano antieconomici per
l’appaltatore, dai suoi obblighi di diligente e prudente operato, quale
imprenditore responsabile anche verso la società costruttrice e i terzi,
oltreché dall’evitare un ingiusto sbilanciamento delle prestazioni
corrispettive, alla luce anche del principio di buona fede contrattuale), la
parte maggiormente colpita dal fenomeno – pensiamo all’appaltatore – potrà
tutelarsi chiedendo la risoluzione per
eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione richiesta: il richiamo
va agli artt. 1467 c.c. (‘risoluzione per
eccessiva onerosità) e, in materia di appalto, all’art. 1664 c.c. (‘onerosità o difficoltà dell’esecuzione’).
Un’alternativa
potrebbe essere poi la sospensione dei lavori (che però potrebbe dare luogo
all’applicazione di penali, anche consistenti).
Tanto
premesso in generale, va aggiunto che per gli appalti pubblici la disciplina delle modifiche ai contratti in
corso di esecuzione è particolarmente articolata e stringente.
Nel
regime precedente (D. Lgs. 163/2006, art. 115 in materia di appalti di servizi
o forniture, art. 133 in materia di appalti di lavori) le eventuali modifiche
erano più agevoli: l’inserimento nei contratti di clausole di revisione dei
prezzi era obbligatoria (si voleva assicurare che la qualità dei lavori non
diminuisse a fronte di eventuali variazioni nei costi), pur dovendosi svolgere
un’istruttoria il cui esito favorevole era solo eventuale. Attualmente invece –
preferendosi tutelare l’interesse alla prevedibilità dei costi delle commesse
pubbliche – l’art. 106 D.Lgs. 50/2016 ammette eventuali modifiche ai contratti
solo entro determinati e stringenti limiti e presupposti (tra cui, su tutti, la
presenza nell’appalto di “clausole
chiare, precise e inequivocabili, che possono comprendere la revisione dei
prezzi”), e sempreché autorizzate dal Responsabile Unico del Procedimento.
In
altre parole, oggi la revisione prezzi rientra nella facoltà programmatica e di
elaborazione della proposta contrattuale della singola stazione appaltante:
apposite clausole contrattuali, chiare e specifiche, prevedono “se” e “quanto”
siano apportabili modifiche.
In
ogni caso, però, la portata del fenomeno è tale da rendere tali rimedi
“parziali” e circoscritti; occorrerebbe un intervento di ampio respiro, a
livello legislativo, come testimoniano le iniziative recenti assunte in sede
politica.
Le iniziative allo studio
a livello politico
In
Italia per il settore edilizio i costruttori italiani e il presidente dell’Ance
hanno chiesto al Ministro delle infrastrutture di varare misure
straordinarie capaci di fronteggiare lo straordinario aumento dei prezzi dei
materiali ed evitare il sostanziale blocco di buona parte dei lavori pubblici
in corso.
L’iniziativa
si collega ad alcune interpellanze parlamentari del maggio scorso ai Ministeri
competenti (Infrastrutture, Sviluppo Economico), che suggerivano di rilevare le
variazioni percentuali del 2021, su base trimestrale, rispetto ai prezzi medi
del 2020 (sia in aumento che in eventuale diminuzione) superiori ad una certa
percentuale, e di introdurre dei rimedi.
In
particolare, per temperare gli effetti del caro-materiali sugli appalti di
lavori pubblici sono sul tavolo due ipotesi: introdurre un meccanismo
di compensazione in corso d’opera (già sperimentato nel
2008), urgente e
straordinario per i lavori eseguiti nel 2021 e in corso, per riconoscere alle
imprese degli incrementi eccezionali. La compensazione, funzionante nei due
sensi (al rialzo e al ribasso) consentirebbe alla stazione appaltante di
recuperare la marginalità nel caso i prezzi dovessero sgonfiarsi nel breve
periodo.
L’attuale
normativa, introdotta come detto nel 2008, prevede
che il Ministero delle Infrastrutture provveda a rilevare i prezzi dei
materiali più importanti e decida di intervenire con una compensazione sui
singoli materiali: in particolare, laddove le oscillazioni di prezzo (al rialzo
o al ribasso) superino l’8% (in caso di offerte formulate nel 2020) o il 10%
(in caso di offerte antecedenti).
Il
Ministero starebbe appunto lavorando a due
decreti (il primo, atteso entro luglio 2021, riguarderebbe le rilevazioni
sul primo semestre 2021; il secondo, atteso per gennaio 2022, per i prezzi del
secondo semestre) in cui fissare i materiali su cui la compensazione potrà
intervenire e con quale misura applicarla.
Oppure
si pensa ad un intervento “a conguaglio”
in favore delle imprese danneggiate, possibile a fine opera o a fine anno, e
che consentirebbe di rallentare il rimborso evitando di intervenire a
compensazione nel momento in cui è ancora forte l’ondata rialzista dei prezzi.
O
ancora, alla possibilità – proposta in sede di parlamentare – di garantire per un periodo transitorio una
flessibilità, da quantificare in percentuale dei massimali dei singoli
prezzi fissati dal decreto.
In
ogni caso l’intervento, comunque di natura eccezionale e straordinaria, nelle
intenzioni non vuole configurare “un ritorno ai vecchi meccanismi della
revisione prezzi”, come espresso da alcune fonti giornalistiche.
Anche
sul Superbonus si stanno mettendo a punto proposte, soprattutto a livello
parlamentare, per compensare i rincari dei materiali, per alzare o rendere più
flessibili i massimali di costi (contenuti nel Decreto Interministeriale 6
agosto 2020): vanno in ogni caso considerato che la modifica dei massimali con
decreto richiederebbe il concerto di quattro ministeri: Sviluppo economico,
Transizione energetica, Infrastrutture ed Economia).
Conclusioni
La
portata e la vastità del fenomeno è sicuramente tale da richiedere, in attesa
degli auspicati interventi legislativi, particolare cautela ed adeguato
supporto legale e contrattuale.
Luglio
2021
Giulio Calcinotto




