Cartella esattoriale pagata con un giorno di ritardo: il contribuente non è sanzionabile
Il caso:
Il
contribuente, società di persone, pagava per intero quanto portato da una
cartella esattoriale (circa Euro 13mila) con un giorno di ritardo rispetto ai
60 gg. indicati. L’importo era dovuto quale contributo annuale ad un consorzio
di bonifica.
Ben
quattro anni dopo, la stessa società si vedeva notificare dall’agente della
riscossione (in allora, Equitalia) un’intimazione di pagamento di circa Euro
1.600,00, di cui Euro 1.101,56 a titolo di “importo non pagato della cartella”,
ed altri importi per compenso di riscossione e spese, oltre Euro 400 per
interessi di mora, ed oltre successivi.
Il
contribuente impugnava l’intimazione avanti la Commissione Tributaria
Provinciale, chiedendone l’annullamento perché ritenuta ingiusta, atteso il minimo
ritardo dovuto solo a disguido, e stante la propria buona fede, avendo quattro
anni prima spontaneamente pagato l’intero importo della cartella, sia pure la
mattina del giorno successivo e quindi con poche ore di ritardo rispetto ai
sessanta giorni indicati.
La
società argomentava l’insussistenza di alcun vantaggio per sé, né danno per
l’Erario, essendosi provveduto al pagamento integrale in allora, ancorché con lieve
ritardo.
L’errore
in cui la contribuente era incorsa era incolpevole, dovuto alla variabilità dei
giorni (trenta/trentuno) nel calcolo dei sessanta giorni di calendario. Infatti
la cartella era stata notificata il 29 aprile 2010, la contribuente conteggiava
erroneamente i sessanta giorni al 29 giugno 2010 e provvedeva al pagamento
dell’intero importo della cartella, e in questo giorno provvedeva al pagamento,
non avvedendosi che il termine sarebbe andato a scadere il giorno 28 di quel
mese.
L’agente
della riscossione resisteva nel giudizio, sostenendo nel merito, tra altre
deduzioni, che il pagamento fosse tardivo per perentorietà del termine di cui
all’art. 50 comma I, DPR 602/73, nonché parziale. Aggiungeva che l’errore non
poteva ritenersi scusabile, e che se si fosse giustificata la condotta si
sarebbe creato ‘un ingiustificabile trattamento
ad personam [….] oltre ad un pericoloso avallo, per il futuro, di criteri di
valutazione discrezionale delle situazioni di ritardo, potenzialmente foriera
di un’inaccettabile disparità di trattamento dei contribuenti, in contrasto con
i principi informatori della procedura della riscossione esattoriale’.
Resisteva
altresì il Consorzio destinatario dei pagamenti, deducendo che le somme di cui
all’intimazione non si riferivano ai tributi dovuti (pagati con la cartella),
bensì ad accessori per penali da ritardo e interessi come calcolati e richiesti
da Equitalia, alla quale dunque soltanto la contribuente avrebbe dovuto
rivolgersi per le proprie doglianze.
Avanti
ai Giudici Tributari la società deduceva che il pagamento era avvenuto con solo
poche ore di ritardo, avendo la contribuente provveduto al pagamento la mattina
del 29 giugno, che essa si era vista addebitare, quattro anni dopo, un importo di
oltre il 10% di quanto pagato, ed altresì l’erroneità dei conteggi, risultando
applicato un aggio di riscossione ingiustificatamente elevato, a titolo di
“sanzione”, più, paradossalmente, gli interessi sul quadriennio, riferiti a
detta “sanzione”.
Inoltre essa doveva ritenersi un “contribuente virtuoso” avendo sempre regolarmente provveduto, negli anni sia passati che successivi, al puntuale pagamento dei medesimi contributi dovuti, tanto che in altro avviso di pagamento si leggeva che ‘i pagamenti precedenti sono regolari’.
La decisione:
La
Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso della contribuente ed
annullava l’atto impugnato, con la seguente motivazione: ‘nella fattispecie in cognizione vi è un errore scusabile determinato
da un errato conteggio dei giorni per il pagamento, e un solo giorno di ritardo
in effetti non ha generato alcun danno. Del resto il ricorrente è sempre stato
puntuale nei pagamenti precedenti (CTP Lombardia e Piemonte) [menzionate
nei propri atti dalla ricorrente, n.d.r.] respinte
le altre eccezioni, il ricorso merita di essere accolto e le spese compensate’.
L’agente
della riscossione proponeva appello alla Commissione Tributaria Regionale, cui
resisteva la contribuente.
Il
Collegio di secondo grado respingeva l’appello di Agenzia delle
Entrate-Riscossione, e confermava la sentenza di primo grado favorevole alla
contribuente, condannando l’appellante alle spese di lite, con la seguente
motivazione:
‘L’appello dell’Ufficio è infondato e
non può essere accolto. La sentenza ha riaffermato un principio di buona
amministrazione nei confronti di un contribuente che ha sempre tenuto un
comportamento corretto che, nella fattispecie, ha sostanzialmente adempiuto ai
propri obblighi. È per contro censurabile il comportamento dell’Ufficio che ha
ritenuto di voler sanzionare un ritardo ininfluente, attivando un inutile
contenzioso’.
La
pronuncia, improntata a ragionevolezza ed ai principi di tutela della buona
fede del contribuente e di trasparenza dell’azione amministrativa di cui al
c.d. “Statuto dei diritti del contribuente” (L. 212 del 2000), costituisce un precedente
che si aggiunge alla giurisprudenza sul cosiddetto “ritardo innocuo” nell’assolvimento
degli obblighi tributari, laddove sia assente una volontà dilatoria o una
condotta contraria a buona fede e, per gli importi e per le circostanze, si sia
in presenza di una violazione di sostanziale irrilevanza.
Dicembre
2020
Giulio Calcinotto




