Cartella esattoriale pagata con un giorno di ritardo: il contribuente non è sanzionabile
04 dicembre, 2020

Cartella esattoriale pagata con un giorno di ritardo: il contribuente non è sanzionabile

Il caso:

Il contribuente, società di persone, pagava per intero quanto portato da una cartella esattoriale (circa Euro 13mila) con un giorno di ritardo rispetto ai 60 gg. indicati. L’importo era dovuto quale contributo annuale ad un consorzio di bonifica.

Ben quattro anni dopo, la stessa società si vedeva notificare dall’agente della riscossione (in allora, Equitalia) un’intimazione di pagamento di circa Euro 1.600,00, di cui Euro 1.101,56 a titolo di “importo non pagato della cartella”, ed altri importi per compenso di riscossione e spese, oltre Euro 400 per interessi di mora, ed oltre successivi.

Il contribuente impugnava l’intimazione avanti la Commissione Tributaria Provinciale, chiedendone l’annullamento perché ritenuta ingiusta, atteso il minimo ritardo dovuto solo a disguido, e stante la propria buona fede, avendo quattro anni prima spontaneamente pagato l’intero importo della cartella, sia pure la mattina del giorno successivo e quindi con poche ore di ritardo rispetto ai sessanta giorni indicati.

La società argomentava l’insussistenza di alcun vantaggio per sé, né danno per l’Erario, essendosi provveduto al pagamento integrale in allora, ancorché con lieve ritardo.

L’errore in cui la contribuente era incorsa era incolpevole, dovuto alla variabilità dei giorni (trenta/trentuno) nel calcolo dei sessanta giorni di calendario. Infatti la cartella era stata notificata il 29 aprile 2010, la contribuente conteggiava erroneamente i sessanta giorni al 29 giugno 2010 e provvedeva al pagamento dell’intero importo della cartella, e in questo giorno provvedeva al pagamento, non avvedendosi che il termine sarebbe andato a scadere il giorno 28 di quel mese.

L’agente della riscossione resisteva nel giudizio, sostenendo nel merito, tra altre deduzioni, che il pagamento fosse tardivo per perentorietà del termine di cui all’art. 50 comma I, DPR 602/73, nonché parziale. Aggiungeva che l’errore non poteva ritenersi scusabile, e che se si fosse giustificata la condotta si sarebbe creato ‘un ingiustificabile trattamento ad personam [….] oltre ad un pericoloso avallo, per il futuro, di criteri di valutazione discrezionale delle situazioni di ritardo, potenzialmente foriera di un’inaccettabile disparità di trattamento dei contribuenti, in contrasto con i principi informatori della procedura della riscossione esattoriale’.

Resisteva altresì il Consorzio destinatario dei pagamenti, deducendo che le somme di cui all’intimazione non si riferivano ai tributi dovuti (pagati con la cartella), bensì ad accessori per penali da ritardo e interessi come calcolati e richiesti da Equitalia, alla quale dunque soltanto la contribuente avrebbe dovuto rivolgersi per le proprie doglianze.

Avanti ai Giudici Tributari la società deduceva che il pagamento era avvenuto con solo poche ore di ritardo, avendo la contribuente provveduto al pagamento la mattina del 29 giugno, che essa si era vista addebitare, quattro anni dopo, un importo di oltre il 10% di quanto pagato, ed altresì l’erroneità dei conteggi, risultando applicato un aggio di riscossione ingiustificatamente elevato, a titolo di “sanzione”, più, paradossalmente, gli interessi sul quadriennio, riferiti a detta “sanzione”.

Inoltre essa doveva ritenersi un “contribuente virtuoso” avendo sempre regolarmente provveduto, negli anni sia passati che successivi, al puntuale pagamento dei medesimi contributi dovuti, tanto che in altro avviso di pagamento si leggeva che ‘i pagamenti precedenti sono regolari’.


La decisione:

La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso della contribuente ed annullava l’atto impugnato, con la seguente motivazione: ‘nella fattispecie in cognizione vi è un errore scusabile determinato da un errato conteggio dei giorni per il pagamento, e un solo giorno di ritardo in effetti non ha generato alcun danno. Del resto il ricorrente è sempre stato puntuale nei pagamenti precedenti (CTP Lombardia e Piemonte) [menzionate nei propri atti dalla ricorrente, n.d.r.] respinte le altre eccezioni, il ricorso merita di essere accolto e le spese compensate’.

L’agente della riscossione proponeva appello alla Commissione Tributaria Regionale, cui resisteva la contribuente.

Il Collegio di secondo grado respingeva l’appello di Agenzia delle Entrate-Riscossione, e confermava la sentenza di primo grado favorevole alla contribuente, condannando l’appellante alle spese di lite, con la seguente motivazione:

‘L’appello dell’Ufficio è infondato e non può essere accolto. La sentenza ha riaffermato un principio di buona amministrazione nei confronti di un contribuente che ha sempre tenuto un comportamento corretto che, nella fattispecie, ha sostanzialmente adempiuto ai propri obblighi. È per contro censurabile il comportamento dell’Ufficio che ha ritenuto di voler sanzionare un ritardo ininfluente, attivando un inutile contenzioso’.

La pronuncia, improntata a ragionevolezza ed ai principi di tutela della buona fede del contribuente e di trasparenza dell’azione amministrativa di cui al c.d. “Statuto dei diritti del contribuente” (L. 212 del 2000), costituisce un precedente che si aggiunge alla giurisprudenza sul cosiddetto “ritardo innocuo” nell’assolvimento degli obblighi tributari, laddove sia assente una volontà dilatoria o una condotta contraria a buona fede e, per gli importi e per le circostanze, si sia in presenza di una violazione di sostanziale irrilevanza.

 

Dicembre 2020

 

Giulio Calcinotto