Brevetti – Contraffazione per equivalenti
Con la recente ordinanza
n. 120/22 del 4.1.2022, la I Sezione della Corte di Cassazione è intervenuta in
materia di brevetti per invenzioni industriali e della loro contraffazione per
equivalenti, confermando il ruolo fondamentale delle rivendicazioni per quanto
attiene la valutazione dei requisiti di brevettabilità dell’invenzione, così
come con riferimento alla fase di accertamento della sua contraffazione, sia
essa letterale o per equivalenti. La Corte con tale pronunzia si è posta sulla
scia del proprio più recente orientamento, espresso in particolare con
l’ordinanza n. 2977 del 7.2.2020, con il quale si è inteso superare l’ormai
risalente approccio in tema di contraffazione per equivalenti incentrato sulla
valutazione dell’invenzione nel suo complesso, ricostruita cioè sulla base
delle caratteristiche essenziali della soluzione inventiva attribuita al
trovato, interpretata quale “idea di soluzione”, ovvero quale “nucleo inventivo
protetto”, ovvero ancora quale “cuore dell’invenzione brevettata”, con buona
pace delle esigenze di certezza dei terzi in ordine all’ampiezza dell’esclusiva
brevettuale.
Ma andiamo con ordine.
L’art. 52 del Codice di Proprietà
Industriale (D.Lgs. 10.2.2005, n. 30), come modificato dal D.Lgs. 13.8.2010, n.
131, ai commi 1, 2, 3 e 3bis, stabilisce
quanto segue: “1. Nelle rivendicazioni è
indicato, specificamente, ciò che si intende debba formare oggetto del
brevetto. 2. I limiti della protezione sono determinati dalle rivendicazioni;
tuttavia, la descrizione e i disegni servono ad interpretare le rivendicazioni.
3. La disposizione del comma 2 deve essere intesa in modo da garantire nel contempo
un’equa protezione al titolare ed una ragionevole sicurezza giuridica ai terzi.
3 bis. Per determinare l’ambito della protezione conferita dal brevetto, si
tiene nel dovuto conto ogni elemento equivalente ad un elemento indicato nelle
rivendicazioni”.
Con la suddetta norma si
è quindi attribuita una assoluta centralità alle rivendicazioni, chiamate a
determinare la portata di un brevetto, nonché l’ambito della relativa
contraffazione anche per equivalenti, il cui concetto (si veda il comma 3 bis) va dunque riferito ai singoli elementi
indicati nelle rivendicazioni stesse, anziché all’invenzione nel suo complesso.
Sul punto, val la pena
ricordare che per valutare l’equivalenza sono state formulate due principali
metodologie: a) quella denominata triple test o metodo FWR (function, way, result) di origine
statunitense, secondo la quale nella contraffazione per equivalenti rientrano
solo quelle soluzioni che svolgono la stessa funzione, nello stesso modo e con
lo stesso risultato finale, e b)
quella cd. dell’ovvietà (di derivazione tedesca), per la quale rientrano nella contraffazione
per equivalenti tutte le realizzazioni che, in forza della tecnica nota,
costituiscono per il tecnico del ramo ‘un’ovvia
variante’ ovvero ‘una risposta banale
e ripetitiva’ rispetto a quanto rivendicato.
La Corte di Cassazione
aveva aderito prevalentemente alla seconda metodologia di cui sopra (Cass. 257/2004,
Cass. 9549/2012, Cass., 24658/2016); con l’ordinanza in esame, così come con la
precedente ordinanza n. 2977/2020, la Corte ha affermato la valenza di entrambe
le teorie citate, sottolineando il fatto che, al di là della teoria utilizzata,
l’esame della contraffazione per equivalenti deve essere condotto in termini,
per così dire, ‘oggettivi’, non potendo attribuirsi rilievo alle intenzioni
soggettive del richiedente del brevetto.
Con l’ordinanza in esame n.
120/22 la Corte, che diversamente dalle precedenti pronunzie ha inteso privilegiare
la prima metodologia sopra descritta, ha quindi espresso il seguente principio
di diritto:
“In tema di brevetti per invenzioni industriali e della loro
contraffazione per equivalente, ai sensi dell’art. 52, comma 3 bis, del Codice
di Proprietà Industriale, di cui al D.Lgs. n. 30 del 2005, come modificato ad
opera del d.lgs. 131 del 13/8/2010, il giudice – chiamato a valutare
l’esistenza di un illecito contraffattorio – deve preliminarmente determinare
l’ambito della protezione conferita dal brevetto, poi individuare
analiticamente le singole caratteristiche del trovato, così come espressamente
rivendicate nel testo brevettuale, interpretate anche sulla base della loro
descrizione e dei disegni allegati, e quindi verificare se ogni singolo
elemento così rivendicato si ritrovi anche nel prodotto accusato della
contraffazione, anche solo per equivalenti, così intendendosi, secondo una
delle possibili metodologie utilizzabili, quelle varianti del trovato che
possano assolvere alla stessa funzione degli elementi propri del prodotto
brevettato, seguendo sostanzialmente la stessa via dell’inventore e pervenendo
al conseguimento dello stesso risultato”.
Concludendo, l’orientamento così espresso, del tutto incentrato sulle rivendicazioni dei brevetti, risulta senz’altro più idoneo a contemperare l’equa protezione del titolare del brevetto con la ragionevole sicurezza giuridica dei terzi (posti in grado di comprendere l’effettiva portata del trovato e l’ambito di una potenziale contraffazione anche per equivalenti).
Gennaio 2022
Francesca
Robazza




