Interruzione automatica del processo – decorrenza del termine per la riassunzione ex art. 305 c.p.c.
Con la recente ordinanza
n. 2658 del 30.1.2019, la I Sezione della Corte di Cassazione ha enunciato,
nell’interesse della legge ai sensi dell’art. 363 c.p.c. ritenendo la relativa
questione di particolare importanza, il seguente principio di diritto: “In caso di interruzione automatica del
processo determinata dalla dichiarazione di fallimento di una delle parti, il termine
per la riassunzione di cui all’art. 305 c.p.c decorre dalla dichiarazione o
notificazione dell’evento interruttivo secondo la previsione dell’art. 300
c.p.c., ovvero, se anteriore, dalla conoscenza legale di detto evento procurata
dal curatore del fallimento alle parti interessate”.
E’ noto che in forza del
3° comma dell’art. 43 L.F. (introdotto dall’art. 41 D.Lgs. n. 5/2006) la
dichiarazione di fallimento produce automaticamente l’effetto interruttivo dei
processi in corso. Sin dalla sua introduzione, tale ipotesi di interruzione
automatica ha però proposto la questione della individuazione del termine a quo per la riassunzione del processo,
tenuto conto della (immutata) formulazione dell’art. 305 c.p.c., per il quale “Il processo deve essere proseguito o
riassunto entro il termine perentorio di tre mesi dall’interruzione, altrimenti
si estingue”.
Per orientamento
consolidato della Suprema Corte, la conoscenza in capo alla parte non colpita
dall’evento interruttivo (intendendosi con tale espressione non già la parte
personalmente ma il suo difensore) atta a determinare il decorso del termine ex
art. 305 c.p.c. è solo quella legale, che ricorre in presenza di una “dichiarazione, notificazione o
certificazione rappresentativa del menzionato evento, assistita da fede
privilegiata” (Cass. n. 27165/2016; Cass. n. 3782/2015; Cass. n. 5650/2013;
Cass. n. 3085/2010), e ciò al fine di ancorare la verifica della effettiva
sussistenza di tale conoscenza a criteri quanto più sicuri e oggettivi
possibili.
L’indicata ordinanza
afferma come, ai fini della conoscenza legale, non sia richiesto che
quest’ultima provenga esclusivamente dal difensore della parte nei cui
confronti si è verificato l’evento interruttivo, potendo essa essere offerta
anche da soggetti diversi, tra cui, come nel caso sottoposto a giudizio, il
curatore fallimentare.
L’ordinanza precisa
inoltre (in linea con altra decisione della Suprema Corte, la n. 6398/2015) la
necessità che la conoscenza legale, nei riguardi della controparte del fallito,
si estenda anche alla individuazione del processo colpito dall’evento interruttivo.
In buona sostanza, è irrilevante, ai fini della legale conoscenza di tale evento, la circostanza che quest’ultimo sia formalmente conosciuto dalla parte (a mezzo del proprio procuratore) non colpita da esso, nell’ambito peraltro di un giudizio in cui la medesima parte risulti rappresentata da un difensore diverso da quello costituito nel processo in cui l’evento ha prodotto i propri effetti.
Francesca Robazza
Febbraio
2019




