Appello: il 'filtro' d'inammissibilità ex artt. 348 bis e ter c.p.c.
Nuovo
impulso al meccanismo del ‘filtro’ in appello si è di recente riscontrato ad
opera dei giudici di secondo grado, ed in particolare da parte della Corte
Veneta.
Tale
meccanismo è previsto, ricordiamo, dagli artt. 348 bis e 348 ter c.p.c.,
introdotti dall’art. 54, 1° comma, lett. a) D.L. 22.6.12, n. 83, convertito con
modificazioni dalla L. 7.8.12, n. 134.
L’art.
348 bis disciplina in via generale il
sistema del ‘filtro’, con l’introduzione di una nuova ipotesi di
inammissibilità affidata alla discrezionalità del giudice d’appello, mentre l’art.
348 ter si occupa del concreto
funzionamento di tale sistema.
In
estrema sintesi, ai sensi dell’art. 348 bis,
il giudice d’appello, al di là dei casi in cui il gravame debba essere
dichiarato inammissibile o improcedibile per difetti propri (genetici) o per
inadempienze procedurali, è chiamato a compiere in via preliminare un’analisi
circa la ‘ragionevole probabilità’ che l’impugnativa possa essere accolta. Se
l’impugnazione non supera tale accertamento preliminare, il giudice ne dichiara
l’inammissibilità con ordinanza, secondo la previsione di cui all’art. 348 ter c.p.c., norma che stabilisce, da un
lato, le modalità di pronuncia di tale ordinanza e, dall’altro lato,
l’impugnazione mediante ricorso per cassazione (cd. ‘per saltum’) della decisione di primo grado, in caso di dichiarata
inammissibilità dell’appello.
Senza
entrare nel merito delle scelte operate dal legislatore, ciò che si intende qui
sottolineare è il notevole impulso ‘acceleratorio’ insito nella norma, che
stabilisce come sin dalla prima udienza di trattazione di cui all’art. 350
c.p.c. “…il giudice, prima di procedere
alla trattazione, sentite le parti, dichiara inammissibile l’appello, a norma
dell’art. 348 bis, primo comma, con ordinanza succintamente motivata, anche
mediante il rinvio agli elementi di fatto riportati in uno o più atti di causa
e il riferimento a precedenti conformi. Il giudice provvede sulle spese a norma
dell’art. 91” (art. 348 ter, 1°
comma).
La
disposizione prevede quindi che la dichiarazione d’inammissibilità avvenga non
oltre l’indicata udienza ex art. 350 c.p.c., o al più a scioglimento della
riserva assunta in quell’occasione ai sensi dell’art. 186 c.p.c. (comunque
applicabile in appello in forza dell’art. 359 c.p.c.), e soltanto “sentite le
parti”; ciò presuppone la verifica, da parte del giudice, della regolare e
integrale instaurazione del contraddittorio (si pensi alle cause inscindibili o
tra loro dipendenti ex art. 331 c.p.c.), tenuto conto che l’inosservanza di
quella previsione specifica “costituisce
un vizio proprio dell’ordinanza di inammissibilità resa a norma dell’art. 348
bis c.p.c. e, pertanto, integra una violazione della legge processuale
deducibile per cassazione ai sensi dell’art. 111, comma 7, Cost., escludendo
anche la necessità di valutare se da tale violazione sia derivato un concreto
ed effettivo pregiudizio al diritto di difesa delle parti” (Cass. civ.,
sez. VI, 4.9.2017, n. 20758).
Nella
recente prassi si è constatata una certa tendenza dei giudici d’appello ad
applicare effettivamente il meccanismo del ‘filtro’ sopra descritto. Mediante
provvedimento comunicato ad hoc, le
parti vengono infatti espressamente preavvisate che la prima udienza ex art.
350 c.p.c. (per lo più coincidente con quella già indicata nell’atto d’appello,
ovvero differita ai sensi dell’art. 168 bis,
comma 4, c.p.c.) deve intendersi fissata per le determinazioni degli artt. 348 bis e ter c.p.c., con invito loro
rivolto a discutere l’inammissibilità dell’impugnazione in via preliminare
rispetto ad ogni altra questione di merito.
In
alternativa a tale modalità, e sempre nell’ottica di consentire l’effettivo
funzionamento del ‘filtro’ in appello, si assiste ad un differimento della
prima udienza ai sensi dell’art. 168 bis,
comma 5 c.p.c., nel corso della quale vengono preliminarmente esaminate le
questioni di ammissibilità dell’impugnazione, anche ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c..
Se
il ricorso al meccanismo del filtro ex artt. 348 bis e ter c.p.c. diverrà, come pare, sempre più sistematico, la
redazione delle difese dovrà gioco forza tenerne conto. La parte vittoriosa in primo
grado, a fronte dell’impugnativa avversaria, dovrà infatti ben valutare di
svolgere, in via preliminare, domanda di declaratoria di inammissibilità dell’appello
per ‘la non ragionevole probabilità di
accoglimento’ ex art. 348 bis,
comma 1, c.p.c., e ciò anche al fine di ‘stimolare’ ulteriormente i giudici ad
applicare il relativo ‘filtro’.
L’eventuale
sistematicità di tale meccanismo non sarà priva di conseguenze anche per quanto
attiene i rimedi esperibili nei confronti delle ordinanze d’inammissibilità ex
art. 348 bis c.p.c.. L’appellante che
vede così ‘naufragare’ la propria impugnazione, può comunque proporre ricorso
per cassazione direttamente avverso la sentenza di primo grado (art. 348 bis, comma 3, c.p.c.). In tal caso,
però, potranno esser fatti valere solo i vizi che rientrano fra quelli indicati
dall’art. 360 c.p.c., e non anche gli eventuali ulteriori vizi denunciati con
l’atto d’appello e non trasformabili, per così dire, in uno dei motivi di
ricorso per cassazione (si pensi a tutte le questioni che presuppongono un
accertamento di merito, come nel caso si sia denunciato un errore e/o un
travisamento del fatto).
Inoltre,
e quale ulteriore limite per la messa in discussione delle ordinanze
d’inammissibilità di che trattasi, si rammenta che “Quando l’inammissibilità è fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle
questioni di fatto, poste a base della decisione impugnata, il ricorso per
cassazione di cui al comma precedente può essere proposto esclusivamente per i
motivi di cui ai numeri 1), 2), 3) e 4) del primo comma dell’art. 360”
(art. 348 ter, comma 4, c.p.c.): trattasi
del limite imposto dalla cd. “doppia conforme”, in forza del quale, laddove
l’ordinanza di inammissibilità sia pronunciata per le medesime ragioni di fatto
fondanti la decisione di primo grado, è esclusa la possibilità di ricorrere in cassazione
per il motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c. (“per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato
oggetto di discussione tra le parti”).
Tralasciata
ogni considerazione in ordine alla portata della suddetta preclusione, si può
dunque concludere rilevando che, l’eventuale sistematica applicazione del
meccanismo del filtro in commento non potrà non avere riflessi - qualitativi e
quantitativi – sul ‘sistema impugnazioni’ in generale. L’appello avverso una
pronunzia di primo grado dovrà esser maggiormente ponderato proprio per evitare
d’incappare in pronunzie d’inammissibilità (per l’esistenza, ad esempio, di
numerosi precedenti conformi magari della stessa corte), difficilmente
superabili vista anche la limitata ricorribilità avanti la Suprema Corte di
Cassazione.
Novembre 2019
Francesca Robazza




