Appello: il 'filtro' d'inammissibilità ex artt. 348 bis e ter c.p.c.
19 novembre, 2019

Appello: il 'filtro' d'inammissibilità ex artt. 348 bis e ter c.p.c.

Nuovo impulso al meccanismo del ‘filtro’ in appello si è di recente riscontrato ad opera dei giudici di secondo grado, ed in particolare da parte della Corte Veneta.

Tale meccanismo è previsto, ricordiamo, dagli artt. 348 bis e 348 ter c.p.c., introdotti dall’art. 54, 1° comma, lett. a) D.L. 22.6.12, n. 83, convertito con modificazioni dalla L. 7.8.12, n. 134.

L’art. 348 bis disciplina in via generale il sistema del ‘filtro’, con l’introduzione di una nuova ipotesi di inammissibilità affidata alla discrezionalità del giudice d’appello, mentre l’art. 348 ter si occupa del concreto funzionamento di tale sistema.

In estrema sintesi, ai sensi dell’art. 348 bis, il giudice d’appello, al di là dei casi in cui il gravame debba essere dichiarato inammissibile o improcedibile per difetti propri (genetici) o per inadempienze procedurali, è chiamato a compiere in via preliminare un’analisi circa la ‘ragionevole probabilità’ che l’impugnativa possa essere accolta. Se l’impugnazione non supera tale accertamento preliminare, il giudice ne dichiara l’inammissibilità con ordinanza, secondo la previsione di cui all’art. 348 ter c.p.c., norma che stabilisce, da un lato, le modalità di pronuncia di tale ordinanza e, dall’altro lato, l’impugnazione mediante ricorso per cassazione (cd. ‘per saltum’) della decisione di primo grado, in caso di dichiarata inammissibilità dell’appello.

Senza entrare nel merito delle scelte operate dal legislatore, ciò che si intende qui sottolineare è il notevole impulso ‘acceleratorio’ insito nella norma, che stabilisce come sin dalla prima udienza di trattazione di cui all’art. 350 c.p.c. “…il giudice, prima di procedere alla trattazione, sentite le parti, dichiara inammissibile l’appello, a norma dell’art. 348 bis, primo comma, con ordinanza succintamente motivata, anche mediante il rinvio agli elementi di fatto riportati in uno o più atti di causa e il riferimento a precedenti conformi. Il giudice provvede sulle spese a norma dell’art. 91” (art. 348 ter, 1° comma).

La disposizione prevede quindi che la dichiarazione d’inammissibilità avvenga non oltre l’indicata udienza ex art. 350 c.p.c., o al più a scioglimento della riserva assunta in quell’occasione ai sensi dell’art. 186 c.p.c. (comunque applicabile in appello in forza dell’art. 359 c.p.c.), e soltanto “sentite le parti”; ciò presuppone la verifica, da parte del giudice, della regolare e integrale instaurazione del contraddittorio (si pensi alle cause inscindibili o tra loro dipendenti ex art. 331 c.p.c.), tenuto conto che l’inosservanza di quella previsione specifica “costituisce un vizio proprio dell’ordinanza di inammissibilità resa a norma dell’art. 348 bis c.p.c. e, pertanto, integra una violazione della legge processuale deducibile per cassazione ai sensi dell’art. 111, comma 7, Cost., escludendo anche la necessità di valutare se da tale violazione sia derivato un concreto ed effettivo pregiudizio al diritto di difesa delle parti” (Cass. civ., sez. VI, 4.9.2017, n. 20758).

Nella recente prassi si è constatata una certa tendenza dei giudici d’appello ad applicare effettivamente il meccanismo del ‘filtro’ sopra descritto. Mediante provvedimento comunicato ad hoc, le parti vengono infatti espressamente preavvisate che la prima udienza ex art. 350 c.p.c. (per lo più coincidente con quella già indicata nell’atto d’appello, ovvero differita ai sensi dell’art. 168 bis, comma 4, c.p.c.) deve intendersi fissata per le determinazioni degli artt. 348 bis e ter c.p.c., con invito loro rivolto a discutere l’inammissibilità dell’impugnazione in via preliminare rispetto ad ogni altra questione di merito.

In alternativa a tale modalità, e sempre nell’ottica di consentire l’effettivo funzionamento del ‘filtro’ in appello, si assiste ad un differimento della prima udienza ai sensi dell’art. 168 bis, comma 5 c.p.c., nel corso della quale vengono preliminarmente esaminate le questioni di ammissibilità dell’impugnazione, anche ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c..

Se il ricorso al meccanismo del filtro ex artt. 348 bis e ter c.p.c. diverrà, come pare, sempre più sistematico, la redazione delle difese dovrà gioco forza tenerne conto. La parte vittoriosa in primo grado, a fronte dell’impugnativa avversaria, dovrà infatti ben valutare di svolgere, in via preliminare, domanda di declaratoria di inammissibilità dell’appello per ‘la non ragionevole probabilità di accoglimento’ ex art. 348 bis, comma 1, c.p.c., e ciò anche al fine di ‘stimolare’ ulteriormente i giudici ad applicare il relativo ‘filtro’.

L’eventuale sistematicità di tale meccanismo non sarà priva di conseguenze anche per quanto attiene i rimedi esperibili nei confronti delle ordinanze d’inammissibilità ex art. 348 bis c.p.c.. L’appellante che vede così ‘naufragare’ la propria impugnazione, può comunque proporre ricorso per cassazione direttamente avverso la sentenza di primo grado (art. 348 bis, comma 3, c.p.c.). In tal caso, però, potranno esser fatti valere solo i vizi che rientrano fra quelli indicati dall’art. 360 c.p.c., e non anche gli eventuali ulteriori vizi denunciati con l’atto d’appello e non trasformabili, per così dire, in uno dei motivi di ricorso per cassazione (si pensi a tutte le questioni che presuppongono un accertamento di merito, come nel caso si sia denunciato un errore e/o un travisamento del fatto).

Inoltre, e quale ulteriore limite per la messa in discussione delle ordinanze d’inammissibilità di che trattasi, si rammenta che “Quando l’inammissibilità è fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della decisione impugnata, il ricorso per cassazione di cui al comma precedente può essere proposto esclusivamente per i motivi di cui ai numeri 1), 2), 3) e 4) del primo comma dell’art. 360” (art. 348 ter, comma 4, c.p.c.): trattasi del limite imposto dalla cd. “doppia conforme”, in forza del quale, laddove l’ordinanza di inammissibilità sia pronunciata per le medesime ragioni di fatto fondanti la decisione di primo grado, è esclusa la possibilità di ricorrere in cassazione per il motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c. (“per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”).

Tralasciata ogni considerazione in ordine alla portata della suddetta preclusione, si può dunque concludere rilevando che, l’eventuale sistematica applicazione del meccanismo del filtro in commento non potrà non avere riflessi - qualitativi e quantitativi – sul ‘sistema impugnazioni’ in generale. L’appello avverso una pronunzia di primo grado dovrà esser maggiormente ponderato proprio per evitare d’incappare in pronunzie d’inammissibilità (per l’esistenza, ad esempio, di numerosi precedenti conformi magari della stessa corte), difficilmente superabili vista anche la limitata ricorribilità avanti la Suprema Corte di Cassazione.

 

Novembre 2019

 

Francesca Robazza